Volontariato

Riserva di volontari? Il fronte dei disabili si divide

La Fand vuole una riserva garantita del 20% di giovani. Favorevole Giovanardi. «No» di Fish e Cnesc

di Redazione

Da una parta la Fand, la federazione tra le associazioni nazionali di disabili che riunisce Anmic, Anmil, Ens, Uic e Unms, dall’altra la Fish (la Federazione italiana per il superamento dell’handicap, un cappello che comprende 28 associazioni nazionali e 7 federazioni regionali). A dividerle la proposta di legge As 952 (primo firmatario Oreste Tofani, Pdl) che come l’analogo provvedimento presentato dalla democratica Ileana Argentin (Ac 1568) propone di instaurare una riserva del 20% dei posti disponibili sul bando nazionale del servizio civile per i progetti finalizzati all’assistenza dei disabili gravi. Attualmente la normativa stabilisce che già il 2% dei posti debbano venir riservati all’accompagnamento dei grandi invalidi e dei ciechi civili (e si può valutare in un 10% il numero dei volontari impegnati in progetti dedicati in via esclusiva all’assistenza di disabili gravi).
L’urgenza di allargare questa quota è stata però recentemente recepita dalla prima commissione permanente del Senato (Affari costituzionali) che a seguito dell’audizione del presidente dell’Unione italiana ciechi, Tommaso Daniele, «sta valutando l’ipotesi di un provvedimento specifico»: in tal senso è stato assunto un impegno con i rappresentanti dell’associazione. Sempre Tommaso Daniele in un faccia a faccia con Carlo Giovanardi avrebbe ricevuto il via libera del sottosegretario. Si è così aperta un’autostrada rispetto alle richieste della Fand. Un boccone indigeribile non solo per l’altra ammiraglia dell’associazionismo disabile, la Fish, ma anche per la Cnesc – Conferenza nazionale enti di servizio civile che al suo interno rappresenta associazioni fortemente impegnate su questo versante (Aism, Papa Giovanni XXIII o la stessa Caritas, solo per fare tre nomi).
«Questa non può essere una nostra battaglia», interviene il presidente della Fish Pietro Barbieri, «per almeno due ragioni». Primo: «Posto che l’assenza di servizi sociali per i disabili gravi è un’emergenza nazionale, non crediamo che a rispondere debba essere il servizio civile». Secondo? «Più che il meccanismo della quota – un privilegio per alcune associazioni -, occorrerebbe spostare l’attenzione dal lato dell’assistenza a quello dell’inclusione». Un assist che il portavoce della Cnesc, Fabrizio Cavalletti non si fa sfuggire: «Noi enti dobbiamo ragionare sulla necessità di dotarci di linee orientative in sede di progetto per consentire ai ragazzi disabili l’accesso al servizio civile, non come utenti, ma come protagonisti nei diversi ambiti previsti dal sistema, dalla promozione culturale alla tutela ambientale». «Se, al contrario», conclude Cavaletti, «si insisterà sul tema della quote noi non potremo che continuare a contrastare questa deriva».


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