Welfare
Risale il numero dei detenuti e dei suicidi in carcere. Antigone: “Il sistema è inadeguato”
Il rapporto 2022 dell’associazione Antigone sullo stato dei penitenziari italiani racconta di carceri di nuovo troppo affollate, poco efficaci per il reinserimento sociale dei detenuti che si fanno sempre più spesso male fino a togliersi la vita
di Luca Cereda
Tornano a crescere – e lo fanno in modo significativo – i detenuti dietro le sbarre delle carceri italiane, risvegliando un problema che non si sarebbe potuto risolvere “solo” con le prime conseguenze della pandemia, e senza un cambiamento del sistema carcerario nazionale che continua a dimostrarsi inadeguato. Acuendo il sovraffollamento delle nostre carceri. Questo è il dato più significativo emerso dalla presentazione del report 2022 – è il 18esimo – sullo stato di salute del sistema penitenziario del Belpaese: si è passati dalle 53.364 presenze della fine del 2020 – un calo coinciso con il primo anno della pandemia – alle 54.134 di dicembre 2021. Fino a risalire ai 54.609 di fine marzo 2022. Il tasso di affollamento ufficiale è del 107,4 per cento, ma, specifica Antigone, quello “reale” è più alto. Nonostante la sottostima, in due regioni tende a superare la media: in Puglia è al 134,5 per cento, in Lombardia al 129,9 per cento, dove ci sono istituti come Brescia che toccano il 185 per cento mentre Varese, Bergamo e Busto Arsizio si attestano intorno al 165.
Ma non solo. Preoccupa l’alto tasso di suicidi: già 21 al 23 aprile del 2022, visto che nell’intero 2021 erano stati 57.
I paradossi del carcere italiano
Il paradosso è che nell’anno solare 2021 diminuiscono i reati, ma ad aumentare è la durata delle pene. Altro paradosso: se calano gli ingressi in prigione, la recidiva è spaventosa. Le carceri italiane continuano a essere quindi molto affollate e poco efficaci. In molte celle continuano a esserci i water a vista, e se sono sempre pochi i detenuti che hanno accesso al lavoro, sono bassi anche i numeri di chi accede alle funzioni riabilitativa previste dalla pena – e dalla Costituzione -.
«Quello che non va – ha detto la coordinatrice nazionale di Antigone, Susanna Marietti – è che il rapporto del 2022, frutto di quasi un centinaio di visite e sopralluoghi in altrettanti istituti di pena, risulta troppo uguale a quelli degli anni passati: un numero cresce e un numero cala, ma la sensazione rimane quella di un sistema che riproduce se stesso e i suoi difetti. La pandemia è stata un'occasione che non deve assolutamente andare perduta: internet e le nuove tecnologie sono ancora accessibili, ma solo al 74 per cento dei detenuti, mentre il lavoro e la formazione non decollano e, per contro, troviamo ancora situazioni al limite del disumano come il reparto "Sestante" per detenuti con problemi psichici del carcere di Torino sul quale la Procura ha aperto un'inchiesta, mentre sono aperti diversi procedimenti in diversi istituti per casi di violenze e torture come quello ormai “tristemente famoso” di Santa Maria Capua Vetere».
Aumenta la recideva: un male che tocca dentro e fuori il carcere
Legato a doppio filo a un sistema disfunzionale e alla crescita dei detenuti, il tasso di recidiva chiarisce la composizione all’interno delle carceri: «Al 31 dicembre 2021, dei detenuti presenti nelle carceri italiane, solo il 38 per cento era alla prima carcerazione. Il restante 62 per cento in carcere c’era già stato almeno un’altra volta. Il 18 per cento c’era già stato in precedenza 5 o più volte». La ricaduta nel reato varia a seconda del detenuto: «La percentuale di chi ci è stato più volte – sottolinea Marietti – cala per gli stranieri, ma sale preoccupantemente per gli italiani, per i quali si immagina che i percorsi di reinserimento sociale siano più facili!.
Per Antigone, dunque, il carcere continua a "pescare" nella marginalità sociale da cui viene la maggior parte delle persone che popolano le nostre prigioni. Pochi sono i veri criminali, moltissimi gli autori di piccoli reati che, partendo da situazioni di marginalità e disagio, entrano in carcere, escono per tornare da dove sono venuti, ricominciano a delinquere e vengono immediatamente riassorbiti dal sistema penale.
Contro questo stato di cose combatte Antigone ma combattono anche associazioni, volontari, personale del Dap, delle direzioni carcerarie, del corpo degli agenti di penitenziaria, della scuola, dell'università e della Chiesa.
Riforma della giustizia
All’orizzonte c’è un barlume di speranza: la ministra della Giustizia Marta Cartabia ha ripetuto più volte di essere decisa a intervenire e ha affidato a una Commissione per l'innovazione del sistema penitenziario, guidata dal costituzionalista Marco Ruotolo, il compito di fornire una serie di linee guida e progetti per il cambiamento. In quattro mesi – da settembre a dicembre 2021 – la Commissione ha lavorato su sei focus: gestione dell'ordine e della sicurezza, impiego delle tecnologie, salute, lavoro e formazione professionale, tutela dei diritti e formazione del personale. E ha partorito una serie di proposte comprese diverse indicazioni per importanti modifiche dell'ordinamento penitenziario, dei codici penale e di procedura penale e, soprattutto, del regolamento penitenziario. «Un regolamento – ha aggiunto Marietti – che risale al 2000, era molto buono quando venne stilato ma che, oggi, ha bisogno di una sostanziosa rivisitazione». Un lavoro che spetta al governo e al Parlamento, l’organo spesso più sfuggente sul tema, perché pressato dalla pressione giustizialista e dal desiderio di sicurezza che viene dagli elettori un po' di tutte le parti politiche, e al Dap dove si è da poco insediato il nuovo direttore Carlo Rinoldi sulle cui posizioni aperte e progressiste si fondano molte speranze.
Suicidi, tentati suicidi e autolesionismo
Quello di suicidi, dei tentati suicidi e dell’autolesionismo è un altro grave problema nello stato di salute – non ottimale, anzi – del nostro sistema penitenziario. Ogni anno in carcere si tolgono la vita 60 nel 2020, 57 nel 2021 con un rapporto pari a 10,6 suicidi ogni diecimila detenuti. Fuori dal carcere i suicidi sono 0,6 ogni diecimila cittadini. Secondo Antigone, dal Dap dicono che i tentati suicidi e gli atti di autolesionismo sono molti molti di più: 11.315 episodi di autolesionismo nel 202: 20 ogni cento detenuti. In alcune situazioni si è arrivati quasi al cento per cento di casi di autolesionismo.
Questo è – in parte – dovuto anche al fatto che il 40 per cento degli istituti di pena è stato costruito prima del 1950, un quarto prima del 1900. E quelli più moderni (anni 70-80) corrispondono a un'idea della pena molto arretrata: parallelepipedi di cemento e acciaio buttati in campagne desolate nelle immediate periferie delle città: lontani dagli occhi e dal contesto sociale. Il contrario di quello che sarebbe necessario. E dentro, non sono molto meglio: nel 5 per cento degli istituti ci sono ancora i water nelle celle a vista. Il regolamento del 2000 ne prevedeva la fine entro il 2005. Ma sono ancora lì rendendo le carceri e le celle invivibili.
Lavoro e formazione in carcere, sempre peggio
Il lavoro dei detenuti è, insieme all'istruzione il canale più importante per il reinserimento sociale alle fine della pena: ma meno di un terzo dei detenuti lavora. Quasi diciassettemila sono alle dipendenze della stessa amministrazione carceraria facendo lavori non formativi come quelli di cucina, lavanderia, pulizie, manutenzione, biblioteca e poco altro e devono turnare per dare una possibilità a molti di farlo e con paghe medie di 620 euro lordi mensili. Appena 2.306 – ovvero il 4,3 per cento secondo Antigone – sono i ““fortunati”” (le doppie virgolette sono volute, non un refuso) che lavorano per datori di lavoro privati, come imprese o cooperative sociali. Il motivo? Pregiudizi, difficoltò tecniche, scarse garanzie di continuità. Ma anche il fatto che lo Stato non fa abbastanza in termini di sgravi e sostegni. Il sistema è carente e manca anche una regia a livello territoriale e nazionale. Tutto è lasciato alla buona volontà dei singoli direttori – sempre meno e con sempre più penitenziari da gestire – che provano a trovare disponibilità nel territorio circostante.
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