Welfare

Rimpatri volontari, le bacchettate della Corte dei conti al ministero dell’Interno

I risultati dei progetti attuati sono «inferiori agli obiettivi fissati» per i magistrati contabili che non si limitano a bacchettare il Viminale ma suggeriscono una serie di misure per migliorare l’efficacia dello strumento di gestione dei flussi migratori. Tra queste mettere in campo delle collaborazioni con il ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione, l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics) e le Amministrazioni impegnate nell’aiuto pubblico allo sviluppo

di Francesco Dente

La Corte dei conti tira le orecchie al ministero dell’Interno sul rimpatrio volontario dei migranti. Il numero di cittadini stranieri coinvolti, scrivono i magistrati contabili, in termini assoluti non è «particolarmente elevato» rispetto a quello registrato da Stati quali la Germania e la Francia e, inoltre, i risultati dei progetti attuati sono «inferiori agli obiettivi fissati» rispetto ai target del Programma nazionale del Fondo Asilo Migrazione e Integrazione 2014-2020.
Più in dettaglio, nel periodo 2018-2021 i rimpatri volontari assistiti con reintegrazione sono stati solo 2.183. Dopo i 1.185 del primo anno sono scesi a 384, poi a 268 e infine (ma il dato del 2021 non è ancora consolidato) sono risaliti a 346. Si tratta dell’11,06% del totale dei rimpatri forzati e dell’1,60% dei migranti sbarcati in Italia nel quadriennio preso in esame. Sul piano dei risultati dei Programmi Fami, Rrva e Avrit, nel periodo compreso tra il 2016 ed il 2021, a fronte di un totale di 5.800 destinatari (11.900 se si considerano gli obiettivi iniziali), i rimpatri sono stati 3188 pari al 54,97% dell’obiettivo rimodulato e al 26,79% di quello iniziale. Dati poco incoraggianti su cui ha influito la pandemia ma che non vanno di sicuro nella direzione auspicata dall’Unione europea (in allegato a fondo pagina la delibera edlla Corte dei conti).

La Corte dei conti fa notare che Bruxelles, in una logica di regolazione dei flussi migratori, considera il rimpatrio volontario assistito un’alternativa privilegiata rispetto a quello forzato, non solo «per la sicurezza e la dignità delle condizioni di ritorno, ma anche per le opportunità di reinserimento offerte ai migranti che decidano di rientrare nei Paesi di origine». Il mancato raggiungimento dei target (con l’eccezione del progetto Avrit) dipende dal concorso di più fattori, tra i quali il mancato allineamento tra le campagne informative e la disponibilità di progetti di rimpatrio, la discontinuità temporale dei programmi e le attese talora eccessive per il rilascio dei nulla osta amministrativi e dei lasciapassare. I magistrati contabili non si limitano tuttavia a bacchettare il Viminale ma suggeriscono una serie di misure per migliorare l’efficacia dello strumento di gestione dei flussi migratori.
Sul piano della governance, raccomandano di valutare la possibilità di una diversa strutturazione del servizio che preveda da un lato l’assegnazione a un unico Ente attuatore (in forma singola o associata) della gestione amministrativa e operativa dei ritorni e delle reintegrazioni, dall’altro l’attribuzione delle attività di informazione a enti pubblici e privati dotati di specifiche competenze nel campo dell’immigrazione. Più spazio dunque al terzo settore. La Corte propone inoltre di rendere più spedite le procedure amministrative di ammissione ai progetti di rimpatrio volontario mediante l’adozione di linee guida ad hoc. Raccomanda, soprattutto, di estendere l’accesso «a categorie attualmente escluse, quali i soggetti inottemperanti all’ordine di allontanamento dal territorio nazionale ed i cittadini appartenenti a Paesi per i quali sia prevista l’esenzione dal visto».

Secondo i giudici sarebbe opportuno anche prevedere convenzioni con il ministero della Salute, le Regioni, le Province autonome e i Comuni per realizzare «misure complementari di assistenza pre-partenza volte ad assicurare, ai soggetti più vulnerabili, una sistemazione abitativa provvisoria e a garantire, ai migranti affetti da infermità, forme di accompagnamento fino all’inserimento, nel luogo di destinazione, presso le famiglie di origine ovvero presso strutture mediche o paramediche per la prosecuzione delle cure». La Corte dei conti, infine, suggerisce di mettere in campo delle collaborazioni con il ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione, l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics) e le Amministrazioni impegnate nell’aiuto pubblico allo sviluppo «al fine di migliorare la sostenibilità dei ritorni mediante collegamenti con i progetti di cooperazione attivi nei Paesi di origine delle migrazioni e favorire l’avvio di iniziative volte a stimolare la crescita socioeconomica dei territori che vedono un’elevata presenza di migranti di ritorno».

In apertura la sede della Corte dei Conti, foto di Carlo Dani, CC BY-SA 4.0 , via Wikimedia Commons

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