Mondo

Rilanciare gli Sprar… per tutti!

Una proposta innovativa? Eccola: rilanciamo gli Sprar come centri comunali di welfare generativo, aperti a tutti

di Angelo Moretti

C’è un servizio straordinario nel panorama del welfare italiano, ma si è contraddistinto negli ultimi 15 anni per lo iato tra la sua utilità strategica e la sua cacofonia, lo SPRAR.

Questo acronimo così complesso e distante da una qualsiasi percezione dei temi caldi tipici del welfare, accoglienza, integrazione, protezione, relazioni, sviluppo, è a tutti gli effetti il modello più compiuto di un paino sociale che sembra avere le caratteristiche di un sistema scandinavo: certezza dei tempi di erogazione dei fondi ( il welfare italiano è invece il primo figlio della precarietà e dell’incertezza dei pagamenti), certezza delle procedure attuative in tutta Italia ( per un servizio di assistenza domiciliare ad un anziano puoi avere 1000 risposte diverse in 1000 comuni italiani), certezza dei controlli ( le migliaia di cliniche psichiatriche hanno i controlli periodici sui requisiti di accreditamento ma mai nessuno che verifichi davvero come stanno i pazienti, intervistandoli ed ascoltandoli, negli Sprar il tutor parla direttamente ai beneficiari senza la presenza degli operatori), la progettazione personalizzata è frutto di un patto formativo tra Sindaco/Ente Locale e Beneficiario (per il Reddito di Inclusione si è persa ogni traccia dei progetti personalizzati previsti dalla legge, per non parlare dei progetti personalizzati per le persone disabili ai sensi dell’art.14 della legge 328/00).

Che cosa

Cos’è lo Sprar? È il servizio di protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati. Istituito nel 2002, quando la legge Bossi-Fini ha ristrutturato il Piano Nazionale Asilo, rendendolo un sistema stabile di accoglienza, affidando ai comuni la gestione locale ed all’ANCI la gestione generale ed il controllo.

Fu pensato come un servizio residuale, perché nel 2002 le richieste di asilo in Italia non si avvicinavano assolutamente alle cifre degli ultimi 7 anni, la Libia era sotto la dittatura ultradecennale di Gheddafi e gli “sbarchi” erano delle pratiche che il popolo italiano ricollegava più ai boat-people asiatici ed ai vicini albanesi che ai ragazzi d’Africa. L’Europa dell’Est aveva già modificato il welfare italiano con la sua integrazione veloce nelle case degli anziani e nessuna levata di scudi si ricorda in quegli anni in cui le donne dell’est abitarono le nostre piazze e le nostre strade nei raduni del giovedì e della domenica. Lo Sprar entrò nel nostro universo welfare senza clamore.

Poi l’emergenza Nord-Africa, poi la guerra di Libia, poi il maremoto di tutti i mali della globalizzazione e del cambiamento climatico che hanno portato l’UNCHCR a parlare per la prima volta della marcia silenziosa di oltre 60 milioni di persone nel mondo. Una marcia come un vento, che qualcuno vorrebbe fermare con le mani e qualcuno con i denti. Ma le marce non si fermano.

In Italia questa marcia ha fatto sì che gli SPRAR divenissero una buona prassi per oltre 1200 comuni, da 3000 accoglienze nel 2009 si è arrivati nel 2017 a 30000 accoglienze. Mentre il pallottoliere del lucro incessante delle cooperative e similari girava all’impazzata con i CAS ( Centri di Accoglienza Straordinaria,alcuni ottimi per carità) un bosco di buone prassi locali cresceva lentamente.

Ora siamo ad un nuovo giro di boa. Si vuol fermare il vento con le unghie e con i denti. Minniti ha tentato accordi improbabili ed illegittimi ( per la carte internazionali dei diritti umani) con le tribù libiche in lotta, Salvini tenta in continuazione di sminuire il tema dell’asilo ad un gioco dell’infanzia e non ad un baluardo delle civiltà d’occidente. E nell’epoca della grandi migrazioni l’Italia è ferma ad un decreto flussi che ammette solo 30.000 presenze l’anno(!!). Tutti gli altri o sono richiedenti asilo o sono clandestini.

Cosa accadrà a quella sigla cacofonica? Probabilmente un giro, inspiegabile, di vite. Il bosco che lentamente cresceva ( basta visitare la raccolta di buone prassi censite e catalogate dall’ANCI per ammirarlo: qui) è oggi all’improvviso visto come una parte del problema e non della soluzione.

Come

Noi del Consorzio Sale della Terra e della Rete di Economia Sociale Internazionale proponiamo di rilanciare. Facciamo del welcome il sistema di welfare per eccellenza. Rendiamo lo SPRAR un servizio unitario per migranti, persone disabili, persone anziane, famiglie beneficiarie del Reddito di Inclusione, per lo Sviluppo Locale e la politica attiva del lavoro.

Apriamo in ogni comune uno SPRAR, che dia accoglienza ed asilo a tutti, con gli stessi fondi che oggi il welfare italiano già sperpera abbondantemente in CAS, centri di riabilitazione inutili, cliniche psichiatriche che si usano come porte girevoli per pazienti cronici.

Oggi la 328/2000 dovrebbe essere messa in discussione per la lontananza tra bisogno e servizio, tra solitudine e relazioni, tra welfare e lavoro. Lo Sprar ha dimostrato di essere un’eccellenza, un’operazione compiuta di ciò che vorremmo accadesse per ogni condizione di fragilità e vulnerabilità sui territori. I piccoli comuni, il 70% dei comuni italiani, con gli SPRAR hanno potuto godere di un nuovo protagonismo, hanno potuto avere e vivere nuove visioni di integrazione, hanno contrastato lo spopolamento e l’abbandono. Nei piccoli comuni di Italia i problemi sono due: emigrazione ed invecchiamento, l’immigrazione è un problema “importato” dai CAS, non lo è quando viene governata a piccoli numeri dagli enti locali.

Welfare for all

Rilanciamo gli Sprar, magari cambiamo solo il nome. Si potrebbe parlare di Centri Comunali di Welfare e Welcome, con una cabina di regia comunale per l’accoglienza, l’integrazione ed i progetti personalizzati per autoctoni e migranti, alle stesse eccellenti condizioni in cui oggi funzionano. Un centro in cui i patti personalizzati si firmano e si osservano, l’integrazione viene davvero monitorata e valutata, le persone con disabilità e gli anziani hanno un loro budget di salute, il lavoro si crea con la valorizzazione delle terre abbandonate, la casa si assicura ricorrendo alle oltre 8 milioni di abitazioni sfitte di Italia. Le spese si controllano sui risultati che raggiungono e non sul numero di metri quadri del bagno o dell’ambulatorio.

Si Può Fare. (SPF è già meglio di SPRAR!)

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