Welfare

«Riina jr venga qui da noi»

Parla Tina Ceccarelli, fondatrice della Onlus di Padova che dovrebbe ospitare il figlio di Totò Riina

di Redazione

A Padova Riina jr avrebbe dovuto lavorare all’associazione “Noi Famiglie contro l’Emarginazione e la Droga”, Tina Ciccarelli tra le fondatrice della onlus che si è fatta carico di offrire un lavoro a Giuseppe Salvatore Riina, osserva: «Vedremo se avrà voglia di cambiare: qui non facciamo sconti a nessuno perciò non ci interessa se questo ragazzo è il figlio di Totò Riina». E aggiunge: «In carcere tutti sono santi e buoni pur di uscire, è dopo che si vede che cosa accadrà. E a lui dico giocati bene questa opportunità: non credo che ci saranno tante altre associazioni disposte a correre questo rischio».

«Era meglio Padova e non Corleone: Giuseppe Salvatore Riina ha una storia molto pesante alle spalle e non credo che tornare in quell’ambiente possa essere di aiuto». Dice all’Adnkronos Tina Ciccarelli, una delle fondatrici dell’associazione “Noi famiglie padovane contro emarginazione e droga”, la onlus di volontariato alla quale era stato affidato Riina jr, prima che gli fosse notificata la misura di prevenzione emessa nel 2002 dal tribunale di Palermo da scontare a Corleone.
«Ora secondo me questa persona ha tre opzioni – sostiene Ciccarelli – farsi uccidere dai rivali, rientrare nel guscio della famiglia come prima del carcere oppure tentare di avviare un percorso di recupero, ma dove si trova non è cosa facile». D’altra parte, sottolinea, a suo avviso «l’intera vicenda doveva essere gestita in silenzio. Sarebbe stato meglio, soprattutto per lui».
«Lo avremmo accolto come si accoglie un qualsiasi detenuto – ha continuato Ciccarelli – nonostante il rumore suscitato e l’alzata di scudi di quest’area geografica: siamo un’associazione di volontariato e ci occupiamo di persone, di percorsi di recupero di coloro che hanno bisogno di essere reinseriti».

«Trentadue anni di silenzioso lavoro non ci hanno dato tanta “pubblicità” – ha aggiunto la responsabile dell’associazione padovana – mi sono occupata e mi occupo di esseri umani: abbiamo avuto affidati pluriomicidi, ex componenti ‘ndrangheta, ex assessori: accogliamo la persona, non il suo passato qualunque esso sia».
«Mi sarei aspettata – ha concluso – una presa di posizione del mondo cattolico, ma non mi pare di aver sentito nulla».

Quando e se Riina lavorerà per la Onlus padovana dovrà rientrare entro le 22 a casa: un piccolo appartamento, cucina e camera, dal costo di poche centinaia di euro al mese. Quando non lavorerà Riina frequenterà l’università di Padova dove studia Economia.

«Adesso, dopo 8 anni e 10 mesi, sono un uomo libero; un uomo che ha studiato, si è diplomato, studia all’università e vuole vivere la sua vita da cittadino di questo Stato riprendendo a lavorare, come è diritto di chi ha pagato il suo conto, come vorrei ricordare a quanti richiamano sempre le regole e le norme della Costituzione». Sono queste le prime parole che Salvatore Riina, figlio del capo mafia Totò Riina, rilascia al “Corriere della sera” dopo la sua uscita dal carcere e il rientro in Sicilia, nella sua Corleone. «Chi ha pagato ha diritto o no in questo Paese di rifarsi una vita, anzi a prendersi quanto, a torto o a ragione, gli hanno tolto? – chiede Riina jr. – Parlo del lavoro che mi hanno impedito di svolgere, con provvedimenti amministrativi che non capirò mai: io facevo il rappresentante, vendevo macchine agricole, qui a Corleone. Per le accuse mosse, ho pagato. Resta il fatto che il mio lavoro non era un reato, eppure si decise con le carte bollate che io non potevo, che dovevo chiudere per colpa di un cognome».

Per Salvatore, 34 anni, il fatto di chiamarsi Riina “rischia di diventare un marchio” ovviamente negativo. «Ma questo è fuori dalle regole del Paese, dello Stato. La Costituzione prevede non il recupero ma il reinserimento degli ex detenuti. Non devo andare a Padova perché i leghisti e il governatore Zaia non vogliono? Ditemi dove andare: io nemmeno a Corleone volevo tornare, io sarei andato direttamente e volentieri a Padova, se non mi avessero detto che avevo l’obbligo di firmare qui al commissariato e visto che è un obbligo io lo rispetto, lo osservo. So – assicura Salvatore Riina – che non posso sbagliare e non sbaglierò».

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