Welfare

Rigenerare gli asset della Marca

di Flaviano Zandonai

Le tv locali, soprattutto nelle ore notturne, non propongono solo televendite o commedie sexy all’italiana, ma anche notizie e approfondimenti interessanti. Ieri, ad esempio, veniva annunciato in pompa magna l’accordo siglato tra le principali organizzazioni economiche e sociali della provincia di Treviso (le varie “Conf”: da quella del commercio fino alla cooperazione, oltre a sindacati, camera di commercio, ecc.) affinché venga avviato e implementato un “piano di recupero” provinciale dedicato a terreni e beni immobili abbandonati o sottoutilizzati. Il tutto in nome della salvaguardia del territorio, opponendosi così a nuove speculazioni immobiliari come un nuovo negozio Ikea. Avete capito bene, non si tratta di un nuovo comitato Nimby (e i promotori ci tengono a sottolinearlo), e neanche della pur encomiabile campagna “salviamo il paesaggio” lanciata da Altreconomia contro il land grabbing. Siamo nel nord est italiano, quello del miracolo economico rappresentato dai capannoni a vista d’occhio. Certamente molti dei promotori avranno i loro interessi di bottega da curare. Non penso infatti che agli aderenti di Confcommercio faccia piacere vedersi costruire l’ennesima area commerciale “iper”. Però l’iniziativa va comunque seguita perché si tratta di una vera e propria coalizione locale che identifica nella rigenerazione il proprio obiettivo. Una coalizione che chiede, e probabilmente otterrà vista la sua forza di lobby, che questa attività di recupero diventi parte integrante delle politiche di sviluppo urbanistico e territoriale definite nel PTCP (Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale). Da questo punto di vista il documento, corredato addirittura da un manifesto pubblicitario, avrebbe dovuto sottolineare con maggiore forza l’elemento di coesione che consiste in un rinnovato interesse per il territorio come bene comune, rispetto quale ognuno è poi chiamato ad agire secondo le forme e i modi che riterrà più coerenti. Peccato, perché una volta tanto si sarebbe potuto citare gli inflazionati “commons” senza temere di parlare fuori luogo.


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