Welfare
Rifugiati, la rete dei Sai pugliesi tra formazione e accoglienza
Secondo i numeri del Sistema di accoglienza e integrazione, la Puglia è la terza regione italiana per numero di posti messi a disposizione ed attivati dagli enti locali. Si tratta soprattutto di piccoli comuni che hanno trasformato in risorsa per le comunità quello che per alcuni era un problema
«Sono partito dal Mali, il mio Paese, all’età di 24 anni a causa della guerra. Il viaggio è stato molto lungo e difficile ed è durato poco più di anno. Ho attraversato l’Algeria e sono arrivato in Libia. Qui sono stato messo in carcere ed ho subìto violenze e torture. E’ stata dura, ma ce l’ho fatta. Poi, sono stato liberato perché un padrone mi ha comprato e così dopo sono riuscito a lavorare per potermi pagare il viaggio in barca per raggiungere l’Italia. Sono arrivato in Sicilia, a Siracusa, a bordo di un gommone e poi sono stato mandato a Lucera in un progetto di accoglienza. E’ qui che è ricominciata la mia vita».
Kassim Traore oggi ha 27 anni. Quando era richiedente asilo ha seguito i corsi di alfabetizzazione di lingua italiana e ha anche conseguito la patente di guida. Kassim è stato uno dei beneficiari dell’associazione Mondo Nuovo che a Lucera, per conto del Comune, gestisce un progetto SAI – Sistema di Accoglienza ed Integrazione, che fa parte della rete degli enti locali.
Solo poche settimane fa, la Puglia ha accolto circa 600 migranti salvati in mare dalla nave Geo Barents di Medici senza frontiere (Msf), approdata nel terminal crociere del porto di Bari per metterli in salvo. Una volta arrivati a terra, per i migranti è scattata la rete di solidarietà messa in moto a livello regionale con la finalità di offrire risposte di accoglienza ai migranti che fuggono dai loro Paesi a causa di guerre, violenze, persecuzioni. Del resto, la storia racconta che la Puglia è terra di accoglienza. La data dell’8 agosto 1991 è ancora viva nel ricordo di tanti. Una data, non solo simbolica, che fa memoria dell’arrivo nel porto di Bari della nave mercantile Vlora con a bordo circa 20mila albanesi. Quel giorno si mise in moto una macchina di accoglienza che non si è più fermata. Ed anche i numeri raccontano di una regione che, forse perché conosce fin troppo bene il peso della parola migrazione, apre le porte a chi ne ha bisogno.
Secondo i numeri della rete Sai riferiti a marzo 2023, sono 115 i progetti attivati che garantiscono 4.240 posti in accoglienza. Dopo la Sicilia (6.877) e la Campania (4.878), la Puglia è quindi la terza regione italiana i cui enti locali, con il supporto delle realtà del terzo settore, garantiscono interventi di accoglienza integrata che, oltre ad assicurare servizi di vitto e alloggio, prevedono in modo complementare anche misure di informazione, accompagnamento, assistenza e orientamento, attraverso la costruzione di percorsi individuali di inserimento socio-economico dei migranti.
La storia di Kassim, che oggi lavora e fa parte dello staff dell’associazione in cui è stato accolto, racconta che i progetti Sai possono generare opportunità concrete di inclusione ed occupazione, se fatti funzionare con visione di sviluppo e attenzione.
Esperienze di accoglienza che riguardano tutte le sei province pugliesi, con un’attenzione particolare ai piccoli centri, le comunità con meno di 5.000 abitanti o poco più in cui i processi di inclusione sembrano favorire una dimensione più sociale. E’ il caso di Monteleone di Puglia, piccolo centro arroccato sui Mondi Dauni, denominato anche “Borgo dell’Accoglienza, della Pace e della NonViolenza”. «Dipendono dal nostro Comune 141 beneficiari inseriti nei progetti Sai dislocati tra Deliceto, Accadia, Sant’Agata, Savignano in Campania, ed Anzano» dice Giuseppe Camporeale, sindaco di Monteleone di Puglia. «Qui si è consolidata un’esperienza pluriennale di accoglienza integrata e diffusa tra persone provenienti dal Pakistan, dal Bangladesh, dal Libano, da diversi Paesi. Abbiamo così anche l’occasione di dare lavoro a 75 unità. Abbiamo trasformato quello che in tanti considerano un problema in una risorsa per il nostro piccolo paese».
Da Ischitella ad Orsara di Puglia, da Giovinazzo a Mesagne, passando per i grandi centri come Bari, Lecce, Foggia, Taranto e finendo nei centri come Lequile e Carosino. Una geografia variegata di territori che negli anni ha aumentato il numero dei posti in accoglienza. Solo nel 2021, per esempio, erano 3.524. Per quanto riguarda la tipologia, la Puglia con 3.402 posti per l'accoglienza ordinaria è tra le prime regioni in Italia. Numeri importanti anche se si prende in considerazione l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, che in Puglia al momento sono 635. Anche sul fronte dell’accoglienza dei cosiddetti “vulnerabili”, persone con disabilità fisica e/o disagio mentale, la Puglia mostra una spinta in più figurando come la seconda regione che mette posti a disposizione di questa categoria di beneficiari.
Tra gli aspetti che caratterizzano l’esperienza dei Sai, c’è sicuramente quella legata ai tirocini formativi nelle varie aziende che si rendono disponibili ad inserire nei loro organici figure da seguire e formare. Ed in tanti casi, quei percorsi si trasformano in contratti di lavoro a tempo determinato o indeterminato. Come è successo a Treasure Ogbonna, accolta nel Sai di San Ferdinando Puglia, ed arrivata dalla Nigeria per trovare in Europa un futuro migliore.
«Sono stata accolta benissimo ed avevo seguito un periodo di formazione nella ristorazione. Al termine del periodo previsto dal progetto ho deciso di andare a vivere a Milano, ma dopo qualche mese, per via dei prezzi di vita troppo alti, ho pensato di tornare indietro. E così, grazie al tirocinio formativo che avevo fatto ho trovato lavoro in una sala ricevimenti importante di Foggia. Adesso ho una casa, un’occupazione e sono tranquilla».
A Brindisi, per esempio, richiedenti e rifugiati accolti nel Sai gestito dalla cooperativa Solerin sono impegnati in un laboratorio di falegnameria per acquisire tutte le competenze da poter spendere nel mercato del lavoro una volta usciti dal progetto ed avviati all’autonomia. «Nel mio Paese, l’Afghanistan, ho lavorato come muratore per sette anni» dice Safi. «Adesso che sono arrivato in Italia lavoro in falegnameria. Mi piace fare la porta, la sedia, la finestra, il tavolo, un po’ di tutto».
Insieme agli altri migranti, seguiti dagli operatori, tagliano, piallano, realizzano anche arredi urbani con legno riciclato. La cooperativa sta creando anche una banca dati delle falegnamerie di Brindisi da contattare e con cui stringere protocolli per fare accompagnamento a lavoro basato sull’esperienza diretta che i beneficiari hanno vissuto.
Nel Salento, invece, la cooperativa Rinascita gestisce diversi progetti Sai distribuiti nelle province di Brindisi, Lecce, Taranto. «Gestiamo 12 progetti, di cui uno per minori stranieri non accompagnati. Accogliamo beneficiari ordinari e vulnerabili. Sono tutti richiedenti asilo e rifugiati segnalati dal Servizio centrale per quel che riguarda la seconda accoglienza, e dalle Prefetture per la prima accoglienza.» spiega Vincenzo Nobile, della cooperativa. Tra le iniziative di maggior rilievo avviate, la creazione di Rinascita Refugees di Carmiano, la squadra di calcio composta da rifugiati e richiedenti asilo nata per abbattere le barriere, contrastare forme di razzismo e favorire reali processi di socializzazione attraverso la pratica dello sport. Proprio in questi giorni, per sensibilizzare maggiormente la comunità su questi temi, le storie scritte dai beneficiari sono esposte all'interno della mostra/istallazione “L'Identità e lo scarto – Mediterraneo, ambiente e diritti umani nella società dello spreco", a cura dell'artista Chiara Criniti presso la Torre di San Tommaso di Torre Lapillo.
Al di là dei numeri, dunque, quello che più conta ricordare è che dietro dati e statistiche ci sono sempre le storie delle persone. Con i loro nomi, i loro sogni, i loro talenti. Un sistema che negli anni, anche se ci sono stati tentativi di smantellamento, continua ad offrire risposte. Lo ricorda anche Matteo Biffoni, sindaco di Prato e delegato Anci all’Immigrazione e politiche per l’integrazione, nella recente lettera indirizzata agli operatori dei progetti Sai. «In ogni frangente la nostra rete, pur cambiando nome, regole e, assetto dei servizi, non ha mai perduto la sua identità ma, al contrario, ha saputo consolidarsi, crescendo tanto nei numeri quanto nella consapevolezza della propria essenziale funzione di promozione e garanzia della coesione sociale sui territori, organizzandosi per rispondere ogni volta a nuovi bisogni».
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