Welfare

Rifugiati, i quattro verbi dell’accoglienza secondo Francesco

"Accogliere, proteggere, promuovere e integrare", sono le azioni attorno cui ruota il messaggio del Papa per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato del prossimo 14 gennaio. In esso si trovano i temi al centro del dibattito: dallo Ius soli ai corridori umanitari, dalla protezione dei minori non accompagnati all'opportunità rappresentata dall'arricchimento interculturale

di Antonietta Nembri

Parte da quattro verbi fondamentali il messaggio di Papa Francesco per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato “Accogliere, proteggere, promuovere e integrare”. Nelle pagine del testo reso noto oggi, si trovano le diverse azioni in cui questi verbi vengono declinati e che sono per il pontefice la risposta alle sfide che le migrazioni contemporanee pongono. Un’attenzione quella di papa Francesco non nuova: «ho ripetutamente espresso speciale preoccupazione per la triste situazione di tanti migranti e rifugiati che fuggono dalle guerre, dalle persecuzioni, dai disastri naturali e dalla povertà», scrive ricordando la visita a Lampedusa del 2013 e l’istituzione del nuovo Dicastero per il Servizio dello Sviluppo umano integrale.

Accogliere – scrive il papa – “significa innanzitutto offrire a migranti e rifugiati possibilità più ampie di ingresso sicuro e legale nei paesi di destinazione”, auspicabili “un impegno concreto affinché sia incrementata e semplificata la concessione di visti umanitari e per il ricongiungimento familiare”, ma anche programmi di sponsorship, l’apertura di corridoi umanitari per i rifugiati più vulnerabili. “Sarebbe opportuno – scrive ancora il papa- prevedere visti temporanei speciali per le persone che scappano dai conflitti nei paesi confinanti”.
Per Francesco inoltre le “espulsioni collettive e arbitrarie di migranti e rifugiati, soprattutto quando esse vengono eseguite verso Paesi che non possono garantire il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali” non sono una soluzione e ricordando la “Caritas in Veritate” di Benedetto XVI richiama il principio della centralità della persona e la necessità di “anteporre sempre la sicurezza personale a quella nazionale”.

Il verbo Proteggere, per il Papa si declina in tutta una serie di azioni in difesa dei diritti e della dignità di migranti e rifugiati “indipendentemente dal loro status migratorio”. Occorre quindi assicurare “un’adeguata assistenza consolare, il diritto di conservare sempre con sé i documenti di identità personale, un equo accesso alla giustizia, la possibilità di aprire conti bancari personali e la garanzia di una minima sussistenza vitale. Se opportunamente riconosciute e valorizzate, le capacità e le competenze dei migranti, richiedenti asilo e rifugiati, rappresentano una vera risorsa per le comunità che li accolgono”. L’auspicio è che vengano “concessi la libertà di movimento nel paese d’accoglienza, la possibilità di lavorare e l’accesso ai mezzi di telecomunicazione”.
Attenzione particolare ai minori: “La Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo – ricorda il Papa – offre una base giuridica universale per la protezione dei minori migranti. Ad essi occorre evitare ogni forma di detenzione in ragione del loro status migratorio, mentre va assicurato l’accesso regolare all’istruzione primaria e secondaria. Parimenti è necessario garantire la permanenza regolare al compimento della maggiore età e la possibilità di continuare degli studi”. Nel rispetto del diritto universale ad una nazionalità “questa va riconosciuta e opportunamente certificata a tutti i bambini e le bambine al momento della nascita” attraverso sottolinea papa Francesco “una legislazione sulla cittadinanza conforme ai principi fondamentali del diritto internazionale” si può evitare la situazione di apolidi cui spesso si vengono a trovare i migranti e i rifugiati.

L’inserimento socio-lavorativo dei migranti e rifugiati, la cura della dimensione religiosa, l’attenzione a coloro che vivono situazioni di disabilità e la promozione del ricongiungimento familiare “senza mai farlo dipendere da requisiti economici”: sono alcune delle buone prassi in cui può essere declinato il verbo Promuovere, cui è legato anche la dimensione che deve avere il riconoscimento del valore della dimensione religiosa “garantendo a tutti gli stranieri presenti sul territorio la libertà di professione e pratica religiosa”.

L’ultimo verbo è integrare che, ricorda Francesco citando Papa Giovanni Paolo II, non è «assimilazione che induce a sopprimere o a dimenticare la propria identità culturale. Il contatto con l’altro porta piuttosto a scoprirne il “segreto”, ad aprirsi a lui per accoglierne gli aspetti validi e contribuire così ad una maggior conoscenza reciproca». Il processo di integrazione per il pontefice può invece essere accelerato “attraverso l’offerta di cittadinanza slegata da requisiti economici e linguistici e di percorsi di regolarizzazione straordinaria per migranti che possano vantare una lunga permanenza nel Paese”. È una necessità anche “favorire in ogni modo la cultura dell’incontro, moltiplicando le opportunità di scambio interculturale, documentando e diffondendo le buone pratiche di integrazione e sviluppando programmi tesi a preparare le comunità locali ai processi integrativi”.

Papa Francesco conclude dichiarando la disponibilità della Chiesa a “impegnarsi in prima persona” per realizzare tutte le iniziative proposte, ma avverte “per ottenere i risultati sperati è indispensabile il contributo della comunità politica e della società civile, ciascuno secondo le responsabilità proprie”.
La Santa Sede, infatti prenderà infatti parte al processo delle Nazioni Unite che porterà entro la fine del 2018 a redigere ed approvare due patti globali (Global Compacts), uno dedicato ai rifugiati e uno riguardante i migranti.

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