Non profit

Rifugi? No, aggregatori. Ad Alagna c’è un modello

di Redazione

di Annibale Salsa*
Non ho una visione fondamentalista della montagna e vedo il rifugio come presidio culturale, come vetrina del territorio. Questo in particolare è il destino dei rifugi di media montagna, diversi da quelli di alta montagna, che per forza devono essere più spartani. Il rifugio di media montagna deve promuovere iniziative che vanno al di là del semplice momento di sosta, devono diventare occasione di riflessione, anche attraverso convegni o workshop. I rifugi sono una delle nostre risorse più preziose e non possiamo più pensarli come semplici luoghi di pernottamento o basi di partenza per le ascensioni. Occorre allargare le prospettive. Anche le nuove tecnologie possono essere molto utili, purché non diventino invasive, ma siano funzionali a fare uscire la montagna dall’isolamento, che è cosa ben diversa dalla solitudine, che è una positiva occasione di meditazione e riflessione. Il rifugio a media altitudine può essere una meta, mentre quello in alta montagna non è una meta, è un punto di sosta per andare oltre. Per questo il rifugio non può essere solo un dormitorio, come si è sempre pensato, nell’accezione tradizionale. Può e deve essere un momento di aggregazione tra persone non necessariamente esperte di montagna ma che frequentando un luogo dove si fa cultura della montagna possono scoprirne una nuova immagine, un nuovo volto. Le montagne non devono diventare dei non-luoghi. Oggi il rifugio non è più solo un posto tappa e il gestore non è e non deve essere solo un albergatore: persino l’offerta gastronomica deve essere riterritorializzata.
Ho in mente qualche esempio eccellente di aggiornamento in questa direzione. Il Rifugio Carrara sulle Alpi Apuane e il Sebastiani sul Terminillo, dove anni fa sono stati avviati i primi esperimenti di presidio culturale. Penso anche al Rifugio Padova nel Cadore o a quello di Pian dei Resinelli in Lombardia. Ma quello a cui sono più affezionato è il Rifugio Pastore di Alagna Valsesia, ai piedi del Monte Rosa. Si trova a circa 1.500 metri di altitudine, a non più di un quarto d’ora di cammino dalla strada lungo un percorso facile e adatto a tutti. Lì sembra veramente di essere fuori dal mondo, ma in effetti il mondo è solo dietro l’angolo.

*Annibale Salsa insegna Antropologia filosofica e culturale all’università di Genova. È stato presidente del Cai sino a maggio scorso oltre che guida alpina. Sotto la sua presidenza è stato costituito un Fondo stabile per la ristrutturazione dei rifugi.

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