Politica
Riforma Terzo settore, uno stallo figlio di troppe ideologie
«Ciò che impressiona è la confusione e la mancanza di argomenti con cui, dai diversi schieramenti, alcuni parlamentari sono intervenuti per proporre l'abrogazione dell'articolo sull'Impresa sociale». E alcune responsabilità «le abbiamo anche noi del Terzo settore»
Devo dire che l'ennesima battuta d'arresto, consumatasi in Senato, del disegno di legge di riforma del terzo settore, dell’impresa sociale e del servizio civile, oltre che disarmante è emblematica della difficoltà che in ogni campo il sistema Italia metta in evidenza quando si tratta di procede verso il cambiamento.
Ho seguito parte del dibattito di ieri e quello che più mi ha lasciato perplesso è il perdurare di posizione di tipo ideologico, che rinunciando ad entrare nello specifico dei
contenuti, hanno trasformato nell'ennesimo campo di sfida da maggioranza e opposizione e tra componenti dell'una e dell'altra in un puro esercizio retorico il cui obiettivo è mettere in difficoltà ogni tentativo di riforma.
Si ripropone così anche su questi argomenti il solito vetusto schema delle fazioni e degli schieramenti, non importa quale sia l'argomento, non importano i contenuti quello che sembra interessare i Senatori e ricercare appigli per argomentare contro o a favore.
Ma al netto della posizione del sen. Marino, per inciso è la sua e non quella dell'organizzazione di cui è stato presidente, che ha se non altro la coerenza di essere la stessa da sempre, da quando almeno in Italia si parla di Impresa Sociale.
Ciò che impressiona è la confusione e la mancanza di argomenti con cui dai, diversi schieramenti, alcuni parlamentari sono intervenuti per proporre l'abrogazione dell'articolo sull'Impresa sociale. Nessuna traccia di riferimenti al dibattito che da anni si svolge tra economisti, giuristi, sociologi e istituzioni sul tema delle imprese sociali e dell'economia sociale e di quanto si muove attorno. La Commissione Europea ha promosso un’iniziativa specifica, il G8 è il G20 ne hanno fatto oggetto di approfondimento, seppure solo dal punto di vista della finanza d'impatto, l'ONU richiama l'impresa sociale in molti suoi documenti.
A sentire il dibattito di ieri si potrebbe pensare che alcuni Senatori siano rimasti rinchiusi a palazzo Madama da circa 20 anni, fedeli allo schema che orienta il giudizio su quanto si discute, a seconda della posizione in cui ci si trova seduti. Qualcuno infatti chiedeva come si potesse mai conciliare la solidarietà e l'impresa, il sociale e l'aziendale. Temi ormai sdoganati da tempo persino alla Business Economy School di Harward, che in Italia economisti come Genovesi hanno trattato fin dalla seconda metà del settecento, ma non, a quanto pare nelle biblioteche di alcuni senatori.
Tutta colpa della politica? No purtroppo no! Anche noi del terzo settore dobbiamo interrogarci e assumerci le nostre parti di responsabilità di questo stallo, sarebbe troppo facile puntare il dito verso Camera e Senato che ormai da due anni quasi stanno ruminando questa riforma.
Devo infatti dire che alcune posizioni sentite nel dibattito di ieri al Senato sono state oggetto di lunghe discussione anche nel forum del terzo settore, che ha dimostrato in questa vicenda tutte le difficoltà che derivano da condizionamenti politici e ideologici che ormai non servono più a nessuno e stanno dimostrando tutti i loro limite nell'orientare le scelte, ma utili a conservare le rendite di posizione. Specchio di una generalizzata paura del cambiamento che dobbiamo trovare il coraggio di superare.
Rimango convinto, che seppure senza raggiungere una perfezione ideale, che del resto sappiamo essere impossibile, il testo presentato dal Senatore Lepri sia un buon testo. Per questo torno ad auspicare una rapida approvazione che poi consenta il Governo di procedere speditamente con i decreti legislativi.
Sono inoltre convinto che l’applicazione della riforma si dovrà misurare come la necessaria chiarezza delle nuove norme, la semplicità di applicazione e la congruità di controlli sostanziali e non solo formali che mettano in risalto l'effettiva meritevolezza della dimensione sociale delle diverse forme in cui si organizza è opera il terzo settore.
Nelle maglie di leggi poco chiare si costruiscono infatti “i labirinti” della burocrazia che potrebbero frenare il merito della riforma, rischiando di lasciare inalterate le scappatoie a chi abusando delle specificità, alimenta comportamenti illegali.
La riforma non deve lasciare alcuna zona d’ombra in cui si possa insinuare chi utilizza le organizzazione del terzo settore per fare guadagni illeciti. Questo deve essere il merito della discussione e l'impegno che ci si attende dalle istituzioni, affinché i nuovi strumenti previsti dal disegno di legge “in pausa” al Senato siano efficaci e possano essere messi in campo il prima possibile.
Oggi il terzo settore, le cooperative sociali e le imprese sociali hanno bisogno di strumenti innovativi per rispondere alle sfide che la società italiana ha di fronte: bassissima natalità, aumento del numero di anziani non autosufficienti, la disoccupazione giovanile, le nuove povertà che la crisi ha acuito.
La legge delega prevede la possibilità di assegnare alle organizzazioni del terzo settore ed alle imprese sociali immobili pubblici inutilizzati, beni immobili e mobili confiscati alla criminalità organizzata e beni culturali e ambientali da valorizzare. Poi è importante anche la previsione di agevolazioni per il trasferimento di beni patrimoniali agli enti del terzo settore, che oggi pagano un’imposta pari al 9% per beni che poi destinano a servizi sociali rivolte alla collettività e a persone svantaggiate ad esempio.
In particolare per le imprese sociali sono previste misure per favorire gli investimenti di capitale e la possibilità di accedere a forme di raccolta di capitali di rischio tramite portali telematici, in analogia a quanto previsto per le startup innovative.
E poi è fondamentale che il Fondo rotativo per le imprese sociali previsto dal decreto del Ministro dello sviluppo economico 3 luglio 2015 sia al più presto funzionante e che sia in grado di catalizzare le risorse della programmazione dei Fondi comunitari 2014-2020.
Possono essere leve importanti e decisive per le cooperative sociali e le imprese sociali che vogliono fare investimenti nel settore del welfare.
Per questo alla fine diciamo ancora una volta, fate presto e se possibile fate anche bene, le condizione ci sono. A voi spetta attuarle!
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