Politica

Riforma Terzo Settore, stop alla melina del Senato?

In due mesi di permanenza a palazzo Madama la discussione ha fatto pochi passi in avanti. Complici anche evidenti contraddizioni interne al partito democratico. Il termine per la presentazione degli emendamenti verrà fissato mercoledì prossimo

di Redazione

Due mesi dopo l’assegnazione alla Commissione Affari Costituzionali la discussione sulla riforma del Terzo settore in Senato si appresta a compiere l’ultimo miglio. La discussione generale si concluderà mercoledì prossimo quando il sottosegretario Luigi Bobba formilerà la sua replica. In quell'occasione la presidente Anna Finocchiaro dovrebbe fissare il termine per la presentazione degli emendamenti. La cui votazione degli emendamenti potrebbe impiegare circa due settimane (una stima che però dipende dalla numero delle modifiche che i commissario presenteranno, ad oggi difficilmente quantificabile). I condizionali però sono d’obbligo, visto il passo di lumaca che il provvedimento ha tenuto dopo lo sbarco a Palazzo Madama

Dal 20 aprile ad oggi la Commissione si è riunita otto volte, ma solo due volte dal 21 maggio ad oggi: il 16 giugno (quando si sono tenute una serie di audizioni informali, fra cui Csv e Anpas) e il 17 giugno. Due mesi di tempo di fatto per superare lo stallo del conflitto di interessi fra la Affari costituzionali e l’11esima Commissione, la Lavoro e Previdenza sociale, e mettere agli atti una discussione che obiettivamente poco o nulla ha aggiunto rispetto a quello che era andato in scena alla Camera dei deputati in prima lettura, se non qualche elemento di contraddizione all’interno del partito di maggioranza relativa.

Sintomatico in questo senso, lo scambio di battute fra due esponenti del partito democratico, lo stesso di Renzi e di Bobba per intenderci. Da una parte Giorgio Pagliari esprime «alcune perplessità sull'impostazione complessiva del disegno di legge delega, che sembra introdurre elementi di riforma non coerenti con le specificità degli enti del Terzo settore, caratterizzati da un approccio libero e volontario. In particolare, ritiene criticabili le norme relative agli statuti, alle forme di controllo e ai compiti di coordinamento attribuiti alla Presidenza del Consiglio, che rischiano di incidere in modo eccessivo sulla sfera di autonomia decisionale e organizzativa del Terzo settore. Auspica, quindi, una riflessione approfondita sulla opportunità di introdurre alcune modifiche». E sempre Pagliari sulla definizione di impresa sociale si dice perplesso in quanto suo avviso, dovrebbe essere incentrata principalmente sulle ragioni alla base della sua costituzione, in particolare sul perseguimento di obiettivi sociali d'interesse generale, piuttosto che sulla connotazione dell'attività che sarà svolta, come invece prevede il disegno di legge all'esame».

D’altro canto il suo collega Stefano Collina, valuta positivamente il lavoro svolto dalla Camera dei deputati, «che ha introdotto modiche condivisibili al testo presentato dal Governo, anche in base al contributo degli operatori del Terzo settore». La riforma prospettata, a suo avviso, consentirà di sfruttare le potenzialità del Terzo settore come fattore di sviluppo, se saranno introdotti precisi criteri organizzativi, in modo da garantire una maggiore uniformità e un miglior coordinamento degli enti del comparto. E sull’impresa sociale «appare condivisibile il tentativo di indirizzare il mondo dell'associazionismo verso la struttura dell'impresa sociale, anche se ciò comporta l'introduzione di alcuni adempimenti burocratici per assicurare la massima trasparenza. Sarà necessario, sotto questo punto di vista, individuare un bilanciamento fra le diverse esigenze. Occorre altresì introdurre regole minime sulla raccolta di capitale, soprattutto se si intende favorire l'apertura all'investimento privato».

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