Economia

Riforma Terzo settore: si può fare di più

L'intervento del giuslavorista specializzato nel non profit Giulio D'Imperio: «Il testo non "impone" una svolta di managerialità e qualità all’intero Terzo settore, aspetto che favorirebbe la crescita di tutte le realtà»

di Giulio D'Imperio

Analizzando l’intera riforma del Terzo settore ci si rende conto dell’esistenza di alcune lacune che se colmate potrebbero perfezionare gli sforzi compiuti per giungere a tale traguardo. La prima pecca della riforma è quella di non essere intervenuti, secondo me, in modo incisivo sull’aspetto lavoristico, nonostante la Riforma abbia individuato nel Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali il dicastero di riferimento. Inoltre con la Riforma non si è tentato di dare una svolta di managerialità e qualità all’intero Terzo settore, aspetto che favorirebbe la crescita di tutte le realtà.

Ritengo ad esempio che essere intervenuti nei confronti dei CSV essenzialmente limitando la durata della carica di presidente ed aumentando i fondi a disposizione, non rappresenta sicuramente una svolta qualitativa per le stesse strutture.

Sarebbe stato importante regolamentare in modo serio, ad esempio, le modalità con cui i CSV debbano reperire i consulenti, la cui scelta è ancora affidata alla discrezione di chi gestisce i Centri Servizio per il Volontariato invece di prevedere percorsi meno discrezionali.

Altra pecca della Riforma del Terzo Settore è stata quella di non aver disciplinato nulla per le associazioni o società sportive dilettantistiche, quando invece sarebbe stato opportuno definire chi è l’atleta dilettante normando la materia da un punto di vista lavoristico e previdenziale.

Sarebbe stato più opportuno regolamentare e valorizzare maggiormente l’attività dei volontari, magari stabilendo che soprattutto le grandi ODV fossero strutturate con la presenza di un coordinatore di volontari stabilendo i compiti, i criteri per ammettere una persona a svolgere attività di volontariato. Sarebbe stato quanto mai opportuno introdurre l’obbligo del libretto del volontario attraverso il quale attestare il grado di professionalità raggiunto dal volontario. Interessante sarebbe stato per i datori di lavoro l’introduzione di un Bonus Formativo che poteva essere sfruttato da coloro che decidevano di assumere la persona che aveva svolto l’attività di volontario.

Ritengo che in un contesto di Riforma del Terzo settore sarebbe stato opportuno effettuare una rivisitazione della L.141/2001 (socio di cooperativa), offrendo il ruolo dei soci di cooperativa solo ai lavoratori autonomi, mentre coloro che avevano un contratto da lavoratori dipendenti gli occasionali ed i collaboratori non potevano essere soci della cooperativa. Prevedere una riorganizzazione della vigilanza sulle cooperative offrendo al revisore la possibilità di iscriversi ad una sezione dell’apposito albo di revisori di cooperative (amministrativo, societario, fiscale, tributario e lavoro). Tale suggerimento trova la sua giustificazione nel fatto che ritengo inconcepibile richiedere ad un revisore di verificare una cooperativa su più materie vista la complessità della norma materia per materia. In questo caso, si sarebbe riusciti ad offrire un servizio qualitativo migliore, evitando il rischio di generare confusione in fase di revisione facendoci rimettere alle cooperative soprattutto a quelle più piccole. Infine non aver previsto l’elaborazione di un CCNL per gli Enti del terzo Settore lo ritengo grave e penalizzante per tutte le realtà che di fatto presentano esigenze differenti rispetto a quelle di altri settori.

Per meglio comprendere i miei suggerimenti vi invito ad esaminare il Testo Unico di riorganizzazione delle realtà del Terzo settore da me redatto (in allegato), che potrebbe servire anche per ulteriori spunti che possano riuscire a migliorare la Riforma.

Infine mi sia concesso di augurarmi che un giorno possa avverarsi un sogno che da anni coltivo: la nascita di una scuola che formi i Responsabili del personale per aziende del terzo settore.

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