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Riforma Legge 49: in fretta ma …..

di Sergio Marelli

La riforma della Legge 49 sulla cooperazione internazionale sembra, finalmente, entrare nel vivo del dibattito parlamentare. Ancora una volta, dopo oltre vent’anni di tentativi andati falliti, il Parlamento è chiamato ad esprimersi in merito ad un nuovo testo di legge questa volta presentato dal Governo. Non che manchino altre proposte, compresa quella elaborata dal Movimento 5 Stelle, né che facciano difetto gli emendamenti presentati dalle varie forze politiche (alla scadenza della data d presentazione degli stessi ne sono stati registrati ben 600), tuttavia la determinazione del Vice ministro in carica Lapo Pistelli potrebbe facilitare il risultato positivo del necessario percorso.

La forca caudina alla quale penso ci si trova di fronte riguarda la difficile scelta tra la rapida approvazione di un nuovo testo che, emendandolo,ponga rimedio alle ormai conclamate vetustà della 49 – la sceltaadottata dalla proposta governativa – o la ricerca di un impianto radicalmente innovativo che tenga conto di falle strutturali e cause sistemiche della povertà proponendo un nuovo paradigma di sviluppo.Su tutte, ne vogliamo citare due tra quelle alla radice della maggior parte dell’impoverimento imposto ai Paesi dei Sud del mondo e alle loro rispettive popolazioni: l’indispensabile riforma del sistema monetario e della architettura finanziaria internazionali, e la disponibilità di risorse economiche messe a disposizione per l’Aiuto allo sviluppo. Lo facciamo preoccupati della totale non considerazione da esse ricevute sia a livello di comunità internazionale, sia per quanto riguarda il Governo Renzi e la proposta di riforma presentata in Parlamento.

Le speculazioni finanziarie, forti della totale deregulation di questo settore al di fuori di ogni controllo e di qualunque imposizione fiscale, restano uno tra i maggiori ostacoli per la sostenibilità dei risultati conseguiti, con esiti alterni e con velocità discutibili, dai Paesi poveri. Spesso, come dimostrato in occasione delle crisi alimentari degli ultimi anni, gli sforzi della difficile ripresa delle fasce e dei Paesi più vulnerabili vengono vanificate da operazioni finanziarie che, sebbene del tutto estranee ed esterne agli attori di settore, rifanno precipitare le economie locali nel baratro più profondo e le persone più povere nella più cieca disperazione. Ignorare i problemi di governance o volutamente lasciare lo statu quo nella finanza globale significa perpetrare una logica, più o meno consapevole, del peggior assistenzialismo o della miglior filantropia caritatevole.

In seconda battuta, gli esiti di qualunque legge di cooperazione sono strettamente vincolati alla quantità di risorse economiche stanziate e alla valutazione del loro utilizzo. Spesso presentata come visione retrograda, la questione dell’ammontare dei fondi destinati alla cooperazione resta a mio avviso fattore determinante. Lo dovrebbero ricordare i leader della comunità internazionale ripensando a come all’approvazione degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio si ritenne indispensabile aggiungere l’ottavo obiettivo – quello del partenariato globale per lo sviluppo – convintisi, ancorché in extremis, della improponibilità degli Obiettivi senza che ai Paesi poveri fossero garantiti adeguati mezzi economici “esterni” per il loro conseguimento. Lo dovrebbero altresì ricordare gli attuali esponenti del nostro Governo già testimoni, sebbene in altre vesti, del discredito e dell’impossibilità operativa derivata in passato dalla continua decurtazione dei fondi stanziati per l’Aiuto Pubblico allo Sviluppo e del sostanziale fallimento del coinvolgimento del settore privato nel finanziamento della cooperazione pubblica. Il fatto che nel programma di economia e finanza del governo Renzi si parli genericamente di aumentare gli stanziamenti per la cooperazione senza però fornire una quantificazione e una pianificazione temporale non ci pare di buon auspicio.

Sono consapevole dei rischi connaturati con la speranza della “gallina domani”. A volte però, mi permetto di ricordarlo al Vice Ministro Pistelli, “l’uovo oggi” è un appagamento altrettanto non privo di rischi. Soprattutto per chi senza radicali cambiamenti non dispone di uova e abbandona la speranza della gallina.

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