Leggi
Riforma fiscale, Terzo settore a rischio chiusura: non si può più aspettare
«Il limbo dentro cui è finito il pacchetto fiscale della riforma del Terzo settore mette in pericolo l'esistenza di decine di migliaia di organizzazioni. Il tempo è scaduto». «I ministeri dell'Economia e del Welfare non trovano un punto di incontro? Ormai è una questione politica e non tecnica, intervenga Draghi». Intervista a Vanessa Pallucchi, portavoce nazionale del Forum del Terzo settore
di Redazione
Ha appena chiuso una conferenza stampa in cui ha dichiarato in modo molto diretto che «un pezzo di Terzo settore, rischia di scomparire se Governo e Parlamento non approveranno in via rapida il dispositivo fiscale legato alla riforma del Terzo settore». Toni ultimativi e inconsueti per l’organo di rappresentanza di un mondo che oggi comprende oltre 5 milioni di volontari, quasi un milione di lavoratori diretti per quasi 400mila enti. Parole pronunciate dalla portavoce del Forum nazionale, Vanessa Pallucchi (nello foto in primo piano, dietro di lei Maurizio Mumolo, direttore del Forum durante la conferenza stampa), che abbiamo incontrato in queste ore.
Perché quello che può apparire come un mero passaggio tecnico, il via libera del pacchetto fiscale della riforma, mette a rischio l’esistenza di decine di migliaia di organizzazioni del Terzo settore?
In questo momento siamo di fronte a un disallineamento normativo molto pericoloso: da una parte è entrato in vigore, lo scorso novembre, il registro unico del Terzo settore, dall’altra non c’è chiarezza sul quadro fiscale. Il risultato è che tante organizzazioni non sono nelle condizioni di valutare se iscriversi come organizzazioni di volontariato, come associazioni di promozione sociale o come imprese sociali. Questa indeterminatezza riguarda per esempio 22mila onlus, che perderanno questa qualifica. Ma non solo loro.
Dal non sapere a quale registro iscriversi al chiudere i battenti però ce ne passa…
L’impossibilità di conoscere l’impatto fiscale della propria forma giuridica di fatto sta bloccando l’operatività decine di migliaia di organizzazioni, specie quelle più piccole e territoriali spesso non inserite nelle reti nazionali. Se questa condizione perdurerà, è facile prevedere una moria di enti. Enti che come hanno più volte ricordato il presidente della Repubblica e quello del Consiglio sono decisivi per la tenuta sociale di questo Paese.
Cosa chiedete concretamente al Governo?
Di trovare al più presto la quadra sul pacchetto fiscale e di inviarlo a Bruxelles per il via libera definitivo. In più sopra la testa di tutto il non profit pende la spada di Damocle del cambio regime dell’Iva che è stato solo rinviato al 2024. Anche su questo bisognerà intervenire. È inaccettabile che a parole tutti lodino il Terzo settore e poi nei provvedimenti politici si vada in tutt’altra direzione.
Come sa sul pacchetto fiscale ci sono posizioni diverse fra i due ministeri competenti: Economia e Welfare. Difficile che la viceministra Laura Castelli e il ministro Andrea Orlando trovino un compromesso in tempi rapidi. Non crede? In più lo stesso Orlando ha più volte sottolineato la mancanza di unitarietà anche all’interno del Terzo settore….
Partiamo da qui. Rispetto a quattro mesi fa, quando in sede di legge di Bilancio fu bocciato l’emendamento Fedeli il quadro è cambiato. Il testo presentato nel Ristori Ter, ma poi rigettato dalla commissione bilancio del Senato, recepiva una posizione condivisa e unitaria di tutto il mondo del Terzo settore e della cooperazione italiana.
Perché è stato bocciato?
Perché non è stato considerato pertinente rispetto alle finalità del decreto Ristori Ter in cui era contenuto.
Rimane il nodo della litigiosità fra Mef e Lavoro/Politiche Sociali…
La riforma sul Terzo settore è di cinque anni fa. Negli ultimi mesi il tavolo aperto con il ministero del Welfare ha lavorato a fondo e, come le ho detto, ha prodotto un testo condiviso. Detto che ogni norma può essere migliorabile, credo sarebbe un vero boomerang ripartire da capo. Bisogna subito, ripeto subito, aprire un tavolo fra noi e i due ministeri interessati e definire un testo. Lo dico per il Paese. Per questo chiediamo al presidente del Consiglio Mario Draghi di prendere in mano la questione, fare sintesi e portare in Europa il dispositivo fiscale. Questa non è più una questione tecnica, è una questione prettamente politica. Non andare a chiudere questa partita è un vero e proprio attentato che si fa alle associazioni. Dopo di che, visto che deve essere richiesta l'autorizzazione dell'Unione europea, la norma deve contenere tutte le migliorie necessarie. Non è immaginabile che si approvino norme sbagliate e dopo vengano modificate.
Ammesso che vada così non sono pochi quelli che temono che il pacchetto fiscale leda i principi della concorrenza europea e quindi rischi il procedimento di infrazione…
Per questo occorre un grande lavoro di dialogo e persuasione a Bruxelles per spiegare cosa sia e quanto pesi nella società il nostro non profit. Un impegno di cui il Governo si deve fare carico contestualmente all’invio del fascicolo. Ma bisogna agire, il Paese non può più aspettare.
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.