Economia
Riforma della PA: un’occasione per affrontare il giusto inquadramento degli educatori professionali
È stato siglato ieri il “Patto per la innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale". Ma negli Enti Locali, il contratto pubblico nemmeno menziona nelle declaratorie di classificazione gli Educatori Professionali, che spesso così sono inquadrati in una fascia inferiore a quella che spetterebbe loro per titolo di studio e mansione. Il Patto siglato ieri potrebbe andare nella direzione per una soluzione della questione
di Fabio Ruta
Nella giornata di ieri, a seguito di un incontro tra il Premier Mario Draghi e Cgil-Cisl-Uil, è stato siglato il “Patto per la innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale". In questo patto – che si compone di diversi punti volti alla innovazione della PA – si prevede anche di «avviare la stagione dei rinnovi contrattuali» relativi al triennio 2019-2021. Contestualmente al tema dei rinnovi contrattuali, viene prevista la necessità di rivisitare i sistemi di classificazione consentendo la valorizzazione di specifiche professionalità. Corre l'obbligo di ricordare, in questo contesto più generale, l'urgenza di definire nelle declaratorie contrattuali degli enti locali (CCNL “Regioni e Autonomie Locali") il giusto inquadramento degli Educatori Professionali (sia “sociosanitari" che “sociopedagogici") e la valorizzazione della figura del pedagogista.
A differenza del CCNL della Sanità, che colloca da lungo tempo gli educatori professionali nella loro giusta fascia di merito (categoria D, corrispondente alla Laurea o titolo equipollente – equivalente) e di altri contratti che nel tempo si sono progressivamente adeguati, resta un enorme “buco nero" nel riconoscimento economico e giuridico di queste figure. Si tratta appunto del comparto degli Enti Locali, il cui relativo contratto pubblico nemmeno menziona nelle declaratorie di classificazione gli Educatori Professionali. Eppure si tratta di figure strategiche sulle quali si reggono i servizi sociali, socio-assistenziali e socio-sanitari gestiti da Comuni e Consorzi: rivolti a minori, disabilità fisiche e psichiche, migranti, anziani, fasce deboli della società.
Per la verità, per i profili non menzionati nelle declaratorie, il CCNL rimanderebbe ad una interpretazione “analogica": ad una figura per la quale è richiesto un livello formativo pari a quello della Laurea andrebbe conferito automaticamente un incarico in “fascia D" (o addirittura si potrebbe configurare la fascia D3, se richiesta laurea specialistica o quinquennale).
Purtroppo ciò non avviene per quanto riguarda gli Educatori. Molti enti continuano ad inquadrare in fascia C queste figure professionali: con il duplice effetto di conferire loro una paga inferiore a quella dovuta e di negare di conseguenza il riconoscimento giuridico del percorso di studi effettuato e del livello di competenza e professionalità. Quella che si è determinata in seguito alla mancata definizione esplicita nelle declaratorie contrattuali è una situazione paradossale, a “macchia di leopardo", a livello nazionale. Una parte di enti locali si è comportata in modo impeccabile, inquadrando già da parecchi anni gli educatori in categoria D: tra i primi ed i più virtuosi il Consorzio dei Servizi Sociali del Verbano (in Provincia di Verbania), il Comune di Novara ed i Consorzi di Romentino, Borgomanero e Castelletto Ticino ( seguiti poi da altri comuni ed enti del comparto). Molti altri enti invece, facendosi beffa del principio analogico sopracitato, hanno perseverato nell’inquadrare gli educatori nella categoria inferiore (corrispondente al livello formativo del diploma di scuola superiore): pur richiedendo come requisito per la partecipazione ai concorsi la laurea o titolo equipollente ad essa.
La situazione si è trascinata di contratto in contratto, di decennio in decennio, senza alcuna risoluzione. Rimandando di volta in volta a code contrattuali che non arrivavano mai o a commissioni paritetiche che puntualmente disattendevano le scadenze. Occorre ora risolvere finalmente in sede negoziale tra Aran e parti sociali questa vexata quaestio. Il Patto siglato ieri parrebbe andare nella giusta direzione. Non è più tempo di rinvii.
*Fabio Ruta, Educatore, dott. in Consulenza Pedagogica e Ricerca Educativa
Photo Max van den Oetelaar on Unsplash
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.