Politica
Riforma della non autosufficienza, primo sì alla legge delega
Il Consiglio dei Ministri del 10 ottobre ha approvato lo schema di legge delega per la riforma dell'assistenza agli anziani non autosufficienti. Nasce il sistema nazionale per la popolazione anziana non autosufficiente, con una valutazione unica. L'assistenza domiciliare diventa integrata. E in extremis rientra anche la riforma dell'indennità di accompagnamento, mai toccata dal 1980
Alla fine è arrivata. La riforma della non autosufficienza ha la sua prima pietra: dopo due rinvii, nella seduta numero 98 del 10 ottobre 2022 il Consiglio dei Ministri ha approvato lo schema di disegno di legge delega in materia di assistenza agli anziani non autosufficienti. Una riforma attesa da almeno 10 milioni di persone fra anziani non autosufficienti, famiglie, operatori di settore. Una riforma necessaria per affrontare le sfide che la demografia ci mette dinanzi: oggi in Italia ci sono circa 3,8 milioni di anziani non autosufficienti, pari al 5% della popolazione e il loro numero è destinato a raddoppiare entro il 2030… impossibile dare risposte adeguate ai loro bisogni con un impianto di sistema che non sia più che adeguate alle nuove necessità.
«È una notizia importante che oggi sia arrivata in Cdm la riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti. Dopo un lungo ed elaborato lavoro si punta finalmente ad integrare i servizi sanitari e quelli sociali. L’obiettivo è un welfare più semplice e più vicino alle famiglie anche attraverso il potenziamento dei servizi domiciliari. Dobbiamo prenderci sempre più cura delle persone anziane che sono un pezzo essenziale della nostra comunità», ha scritto su Facebook il ministro Roberto Speranza.
«Una norma di legge con cui non solo per la prima volta si afferma il valore sociale, economico e culturale della stagione di vita anziana, ma che prevede azioni per la promozione dell'invecchiamento attivo, per rafforzare i LEPS per gli anziani non autosufficienti, per dare sostegno e assistenza alle famiglie che se ne prendono cura. Una riforma di cui avevo mandato una proposta organica già nel mese di gennaio e che ho voluto inserire tra quelle qualificanti per il Pnrr con l'obiettivo di rendere adeguato il sistema di cura per la popolazione anziana. Una occasione di progresso civile per il nostro Paese e una priorità per l'agenda politica», ha scritto invece il ministro Andrea Orlando.
Da un lato un successo, se ricordiamo che a cavallo tra il 2020 e il 2021, quando si iniziava a tracciare la via del “post-Covid” e si mettevano le fondamenta del Pnrr, gli anziani nell’agenda della politica non c’erano e infatti la riforma non era prevista nel testo del Pnrr predisposto dal Governo Conte II. Dall’altro però questo è solo l’inizio di un lavoro enorme che ancora resta da fare e che passa nelle mani del Parlamento che sta per insediarsi e del futuro Governo Meloni: il disegno della riforma adesso c’è, ma occorre dettagliare meglio le misure e trovare le risorse per attuarla. Una novità dell’ultima ora è il fatto che la delega apre anche alla riforma dell’indennità di accompagnamento, andando a introdurre una prestazione universale graduata secondo lo specifico bisogno assistenziale ed erogabile, a scelta del destinatario, sotto forma di trasferimento monetario o di servizi alla persona.
«Siamo contenti, ma contemporaneamente siamo consapevoli che questo è solo il primo passo e che c’è molto lavoro da fare», commenta Cristiano Gori, coordinatore del Patto per la Non Autosufficienza. «Sulla parte di governance sono necessari ulteriori miglioramenti, ma l’impianto c’è. Nasce il Sistema nazionale per la popolazione anziana non autosufficiente, con novità che riguardano sia il livello istituzionale e la programmazione delle risorse, da realizzare congiuntamente tra tutti i soggetti coinvolti sia quello organizzativo, con l’integrazione fra ambiti e distretti, sia quello individuale con la semplificazione delle procedure di valutazione. Su questi aspetti, la sfida vera sarà quella della traduzione in pratica, dell’attuazione».
Più acerba invece – il ruolo a cui sono chiamati il nuovo Governo e il nuovo Parlamento quindi sono cruciali – la parte degli interventi: sia perché è impensabile fare una riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti senza stanziare risorse adeguate (risorse che oggi non ci sono), sia perché alcuni interventi sono ancora appena abbozzati nel loro disegno. Due elementi molto positivi, su questo fronte, sono la riforma della domiciliarità che finalmente prende la direzione dell’integrazione (da Sad e Adi si passa all’Adiss cioè Assistenza Domiciliare Integrata Sociosanitaria e Sociale), per quanto non si menzionino gli interventi che andranno sotto quel cappello e che dovrà avere (diversamente da quel che accade oggi con l’Adi) «durata e intensità adeguati», seguendo così – sottolinea Gori – «l’evoluzione dei bisogni dell’anziano». L’altra novità importante è l’essere riusciti ad inserire la riforma dell’indennità di accompagnamento, «una misura che oggi assorbe il 44% della spesa del settore e che è invariata dalla sua nascita, nel 1980», con un importo graduato in base ai bisogni e la possibilità di usare anche i fondi per servizi alla persona: una scelta che dovrebbe portare a qualificare la spesa per l’assistenza agli anziani.
Cosa manca? «A livello strategico, un progetto vero, nazionale, per la qualità della residenzialità e un progetto complessivo sulle badanti. Anche se poi, ripeto, tutti gli ambiti hanno bisogno di alcune azioni migliorative», conclude Gori.
L’ultimo aspetto riguarda i tempi: è vero che i decreti attuativi dovranno essere approvati entro il 1° marzo 2024, «ma gli anziani e le loro famiglie non possono attendere il 2025 per vedere la riforma. Per questo già in legge di Bilancio sarà importante mettere delle risorse, perché ci sono molti aspetti che si può già iniziare a mettere a terra. D’altronde il Patto per la Non Autosufficienza ha sempre evidenziato come un punto di forza il fatto che le nostre proposte non fossero innovative rispetto al dibattito, ma innovative rispetto alla realtà. C’è molta condivisione sugli interventi da fare, come c’è consapevolezza del fatto che farli non è per nulla semplice. Ma anche questo è un motivo in più per iniziare subito».
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