Leggi

Riforma del volontariato: il nodo è sempre l’impresa

Il presidente Mimmo Lucà si oppone a «derive economicistiche» e sostiene la figura del volontario “puro”. Anche contro il lavoro della commissione Pinza...

di Maurizio Regosa

Alla Conferenza sul volontariato, Mimmo Lucà, presidente della commissione Affari sociali della Camera, l?aveva preannunciato: «Dopo 16 anni, la 266 ha bisogno di un tagliando». Coerentemente, la commissione sta mettendo in calendario una serie di audizioni, il più classico dei metodi per raccogliere pareri e poi procedere alla stesura di un testo. «Saranno auditi», avverte Lucà, «gli organismi di collegamento, le organizzazioni più rappresentative, gli enti locali».

Attualmente sono due i progetti di legge presentati. Uno di Isabella Bartolini (Forza Italia) e uno dello stesso Lucà (entrambi in corso di esame). Fra le due proposte non vi sono grandissime differenze: «Quello che porta la mia firma», spiega il presidente, «tende a rilanciare il ruolo del volontariato per quanto riguarda la sua azione promozionale, la sua funzione di soggetto solidale e di protagonista anche in riferimento al principio di sussidiarietà. Credo che il volontariato non sia importante solo per i servizi che presta, ma per il principio della gratuità, che deve essere rilanciata e meglio definita, e su cui non si può assolutamente derogare».

Ovviamente la riforma della 266 dovrà tener conto delle novità che dal 1991 a oggi sono state introdotte. Partendo dal 5 per mille: «Anche su questo punto», conferma Lucà, «bisogna trovare una forma che valorizzi le piccole e le grandi associazioni, magari vincolando l?erogazione futura alla documentazione su come sono stati spesi i soldi dell?anno prima. Sono d?accordo con l?idea di Zamagni di introdurre il bilancio di missione. Nel frattempo bisogna sostenere la costituzione di nuove organizzazioni di volontariato, la nascita di federazioni fra piccole e medie associazioni, per fare più rete e più rappresentanza».

Fra le novità più recenti c?è però anche la revisione del libro I, titolo II, del Codice civile, con la proposta della Commissione, presieduta da Roberto Pinza, di consentire attività d?impresa alle associazioni senza fine di lucro. È appunto qui che le cose si complicano. E di parecchio.

A Napoli erano emerse da più parti le preoccupazioni di una deriva economicistica e la convinzione che la gratuità, pietra miliare del passato, debba essere anche il faro del futuro. Persuasione che anche l?onorevole Lucà fa propria: «Sono molto preoccupato. Non comprendo, francamente, la ragione per cui il ministero dell?Economia si sia assunto la responsabilità di promuovere questo testo. Quando sarà nella disponibilità del Parlamento, vedremo di cosa si tratta. Non ne sono informato né sono stato coinvolto. Non vorrei che venisse alimentata ancora una volta la componente economico – produttiva del terzo settore. Francamente che tutti possano fare tutto? be? insomma le distinzioni vanno mantenute. Evitiamo che le associazioni possano svolgere attività d?impresa. Allora le cooperative e le imprese sociali che devono fare? C?è il rischio di una grande frittata. È un?operazione di colonizzazione istituzionale, non di riconoscimento del pluralismo culturale, giuridico e organizzativo».

Dubbi importanti, che investono la visione del volontariato (deve continuare a essere caratterizzato da gratuità, spontaneità e solidarietà?) e i suoi rapporti con le diverse componenti del terzo settore. Parole che oltretutto rivelano assenza di confronto fra le istituzioni. Anche questa, per dirla con Mimmo Lucà, è «una grande frittata». O no?


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA