Politica

Riforma del terzo settore, i passi che ancora mancano

È necessario, alla vigilia dell’arrivo della Legge di Bilancio, fare chiarezza sul percorso legislativo della riforma, evitando fraintendimenti ed errori di valutazione. Devono essere infatti emanati numerosi provvedimenti attuativi. È fondamentale però distinguere tra i decreti necessari per l’operatività delle norme e quelli che si riferiscono a disposizioni che entreranno in funzione solo al termine del periodo transitorio

di Gabriele Sepio

Con i decreti correttivi più tempo a disposizione degli enti non profit per l’adeguamento degli statuti. I decreti correttivi alla riforma del Terzo settore (D.Lgs. 95/2018 e D.Lgs. 105/2018) hanno, infatti, prolungato le tempistiche per l’adeguamento alla nuova disciplina: gli enti avranno quindi più tempo a disposizione per adottare le relative modifiche statutarie con le modalità e le maggioranze previste per le deliberazioni ordinarie.

In particolare, per le attuali Onlus, organizzazioni di volontariato (ODV) e associazioni di promozione sociale (APS) il termine per l’adeguamento degli statuti al Codice del Terzo settore (CTS) è stato prorogato al 3 agosto 2019 (invece del 3 febbraio). Le imprese sociali costituite in base alla normativa previgente avranno invece tempo fino al 20 gennaio 2019 per allinearsi alle nuove regole del D.Lgs. 112/2017 (il termine era prima fissato al 20 luglio 2018).

Se da un lato questa proroga ha concesso più tempo agli enti non profit per preparare il passaggio alla nuova normativa, dall’altro ha generato alcune perplessità negli operatori sulle tempistiche di operatività della riforma. Il timore, in particolare, è che la necessità di troppi provvedimenti attuativi e il “ritardo” nella richiesta di autorizzazione alla Commissione europea stia rinviando eccessivamente la sua concreta attuazione.

È bene evidenziare, tuttavia, che il Codice del Terzo settore ha scandito in maniera graduale i passaggi per la piena entrata in vigore del nuovo assetto normativo che, come noto, ha riorganizzato un intero sistema attraverso numerosi interventi legislativi di coordinamento e abrogazione. Lo scenario pre-riforma non era dei più confortanti. Una serie di disposizioni a pioggia si sono succedute e sovrapposte dal dopoguerra ad oggi arrivando spesso a regolamentare con norme ad hoc singoli istituti giuridici senza che potesse emergere chiaramente una definizione unitaria di “terzo settore”.

La riforma parte da questo scenario per arrivare gradualmente ad una rivisitazione dell’intero sistema del non profit passando per un periodo transitorio di particolare rilevanza per gli operatori. In questa fase, che durerà fino alla operatività del nuovo Registro e all’arrivo dell’autorizzazione della Commissione europea sulle misure fiscali, gli enti potranno iniziare a prendere confidenza con le nuove regole, applicandone alcune in attesa della integrale entrata in vigore del Codice del Terzo settore.

È necessario dunque in questo momento fare chiarezza sul percorso legislativo, evitando fraintendimenti ed errori di valutazione. È senz’altro vero che devono essere emanati numerosi provvedimenti attuativi. È fondamentale però distinguere tra i decreti necessari per l’operatività delle norme immediatamente applicabili e quelli che, invece, si riferiscono a disposizioni che entreranno in funzione solo al termine del periodo transitorio.

Sul primo fronte, va ricordato alle Onlus, ODV e APS si applica già nell’attuale fase transitoria una parte delle nuove agevolazioni fiscali. Per alcune di queste è prevista l’emanazione di norme di dettaglio: è il caso ad esempio del social bonus o dei criteri per la valorizzazione delle erogazioni in natura. Molte delle nuove misure sono però immediatamente applicabili, senza necessità di alcun provvedimento attuativo: si pensi ad esempio alle agevolazioni in tema di imposte indirette di cui all’art. 82 CTS, alle detrazioni e deduzioni per chi effettua erogazioni liberali in denaro (art. 83), o alla nuova esenzione IRES per i redditi degli immobili destinati dalle ODV e dalle APS allo svolgimento di attività non commerciale (articoli 82, comma 4 e 85, comma 7 del CTS).

Molto atteso è certamente il decreto che renderà operativo il nuovo Registro unico nazionale del Terzo settore (RUN) e da cui dipende l’applicazione di diverse norme del Codice. L’avvio del RUN decreterà la fine del periodo transitorio e assorbirà i registri esistenti, ma per arrivare a questo occorrerà svolgere una attività di coordinamento su base regionale, per rendere omogeneo sul territorio nazionale l’accesso al registro. Su questo aspetto, da quanto è emerso finora, sembra esservi la volontà anche da parte del nuovo Governo di dare avvio ai lavori che potranno consentire di rendere operativo il registro e dare il via al fase finale della riforma.

Un apposito decreto ministeriale, attualmente in fase di elaborazione, è poi richiesto per l’individuazione dei limiti e dei criteri per lo svolgimento delle attività “diverse” da quelle di interesse generale. Sul provvedimento c’è una grande aspettativa da parte degli enti, che attendono di conoscere nel dettaglio quali saranno le opportunità di “autofinanziamento” nel nuovo quadro normativo. Ma attenzione: Il decreto sulle attività diverse si riferisce a disposizioni la cui applicabilità è subordinata alla operatività del Registro e all’autorizzazione europea. Per tutti gli enti dotati della qualifica di Onlus, dunque, i nuovi limiti non saranno immediatamente operativi: i vincoli della disciplina Onlus sullo svolgimento di attività connesse, infatti, continueranno ad applicarsi fino all’entrata in funzione dei regimi fiscali di cui al titolo X del Codice, la cui efficacia è, come detto, subordinata all’operatività del Registro unico e all’autorizzazione da parte della Commissione europea (art. 104, comma 2 del CTS).

Quanto a quest’ultima autorizzazione, è bene rassicurare gli operatori sul presunto ritardo nella notifica alla Commissione europea da parte del Ministero: non avrebbe avuto senso, infatti, inviare un testo ancora in attesa di modifiche e integrazioni. Pertanto solo una volta conclusa questa fase di revisione, l’iter verso la completa operatività della riforma proseguirà con il vaglio comunitario e con la messa a punto del sistema del Registro unico. Su questo aspetta occorrerà dunque verificare anche la prossima legge di bilancio che, a quanto si apprende dagli organi di stampa, potrebbe contenere le attese disposizioni fiscali utili al completamento della disciplina degli enti. Tra le modifiche richieste dal mondo del non profit e, in parte, già approvate nella prima stesura del correttivo a marzo del 2018, è possibile richiamare quelle tese a favorire lo svolgimento delle attività di interesse generale da parte delle organizzazioni di volontariato dietro versamento di corrispettivo (al momento ammissibile solo per le attività diverse) nonché i nuovi limiti per identificare le attività non commerciali. In quest’ultimo caso potrebbe essere inserita una percentuale di tolleranza (10%) nel rapporto tra costi e ricavi, al fine di permettere agli enti di ampliare le ipotesi in cui viene esclusa la tassazione degli utili prodotti dallo svolgimento delle attività di interesse generale. Altro aspetto di particolare rilievo riguarda la finanza sociale e, in particolare, la possibilità di impiegare la raccolta derivante dai c.d. titoli di solidarietà anche per il finanziamento di progetti avviati da enti del terzo settore di natura commerciale, come imprese e cooperative sociali, al momento escluse.


*Gabriele Sepio è stato coordinatore del Tavolo tecnico-fiscale per la riforma del Terzo settore presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, membro del Consiglio Nazionale del Terzo Settore, membro del comitato di gestione della Fondazione Italia Sociale e Docente di Diritto Tributario all’Accademia della Guardia di Finanza fa il punto per Vita.it sull'iter della Riforma del Terzo Settore.

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