Non profit

Riforma del Terzo settore, Degani: «Pacchetto fiscale troppo squilibrato»

L'intervento del presidente di Uneba Lombardia (Unione nazionale istituzioni e iniziative di assistenza sociale) contesta le ultime modifiche al Codice del Terzo settore approvate dal Governo in vista dell'invio del provvedimento a Bruxelles: «Il nuovo Terzo settore si basa su una visione sostanzialmente dicotomica e divisiva: da una parte la cooperazione sociale, dall'altra gli enti di natura associativa e filantropica, che appaiono decisamente sfavoriti rispetti ai primi. A breve vi sarà un nuovo Governo e sarebbe sciocco non appellarsi a questo momento affinché, con spirito critico, non ci si chieda se quel che sta accadendo nel Terzo Settore italiano non sia a vantaggio di alcuni ma a danno di altri»

di Luca Degani

Negli ultimi giorni la stampa specializzata e non ha dato ampio risalto ad alcuni emendamenti che riguardano sia il Codice del terzo settore CTS (D. Lgs. 117/2017) sia il Decreto sull’Impresa sociale (D. Lgs. 112/2017). In particolare, gli interventi riguardano la modifica di alcune disposizioni di carattere fiscale della Riforma del terzo settore. Con questo atto il Ministero del lavoro ha dichiarato di ritenere di poter procedere con la richiesta di parere alla Unione europea così da concludere il processo di attuazione della riforma e, tra le altre cose, determinare l’abrogazione della disciplina delle Onlus.

Chi scrive si ritiene in dovere di esprimere la chiusura di un cerchio che danneggia irreparabilmente un sistema di favor a tutela di quelle Organizzazioni non profit che fino ad oggi hanno costituito l’asse portante della solidarietà nel nostro Paese. Si è infatti ormai in dirittura di arrivo con una Riforma che valorizza una visione del Terzo settore dove vi sono alcuni attori più “uguali” degli altri e che vede l’interesse del Terzo settore non più in una visione prevalentemente solidaristica a favore delle fragilità bensì in un indefinito interesse alla qualità della vita della collettività al di là della propria situazione di bisogno reale. Il nuovo Terzo settore si basa su una visione sostanzialmente dicotomica e divisiva.

Da un lato, nella disciplina della Impresa sociale, i produttori di servizi per la collettività, pensati quasi esclusivamente in forma cooperativistica, che si occupano di ambiti ben più ampi di quelli che fino ad ora si ritenevano gli ambiti dei cosiddetti “beni relazionali” per gli svantaggiati e che potranno gestire Ospedali, Università, Scuole, Centri di formazione. Attività certo meritorie ed evidentemente offerte a chiunque e non certo alle persone in difficoltà.

Dall’altro lato, nel Codice Unico, gli Enti considerati minori. Quelli che in forma associativa o fondativa non possono fare attività significativamente organizzate se non rischiando di trovarsi a dovere essere considerati enti fiscalmente commerciali.Tra questi certamente un vincente, il mondo delle Associazioni di promozione sociale che più si avvicina alla nuova visione del Terzo settore che si rivolge a collettività indefinite, ed una massa di perdenti.

La norma che sta rischiando di andare in vigore danneggia in modo irreparabile le Onlus su alcuni aspetti tecnici di fondamentale importanza.

  • Togliendo la presunzione giuridica di non commercialità delle attività a favore di persone svantaggiate porta nel reddito imponibile tutto ciò che concerne i contributi ricevuti dalle Pubbliche amministrazione per le attività sociali e socio sanitarie e con ciò fa sottoporre a ires gli eventuali avanzi, impedendone l’uso sociale a fini di sviluppo delle attività;
  • per quanto concerne l’Imu determina, nell’ambito di detti Enti, la quasi certezza che tutti i luoghi fisici nei quali si esercitano attività sociali e sociosanitarie a favore di persone svantaggiate in regime di accreditamento e/o convenzionamento diverranno imponibili e pagheranno l’Imu stessa;
  • per tutti gli Enti che oggi godono del dimezzamento dell’imponibile sui redditi derivanti da locazioni di fabbricati o da redditi da capitale, con i quali viene poi effettuata attività benefica, perderanno completamente questa agevolazione in quanto ne è prevista la soppressione con l’entrata in vigore del Codice Unico e raddoppieranno pertanto i loro costi fiscali a fini Ires.
  • Perde il volontariato, costretto a non vedere più l’esistenza di una propria identità di attore con esclusive finalità di solidarietà sociale ed un Governo che decide sopra la sua testa quali possono essere le possibili attività di interesse generale.

Perde il modo di quelle Associazioni e Fondazioni che avevano trovato nella disciplina delle Onlus la finalizzazione della propria storia.

Una storia fatta di opere sociali per le persone in difficoltà in cui spesse volte l’ispirazione cristiana, che sottendeva questa scelta di creare grandi attività per anziani, disabili e persone fragili, era profusa di quella laicità che citava Benedetto Croce in una Società del ‘900 che ben sapeva dividere l’interesse personale dall’interesse di chi aveva meno e necessitava di più aiuto.

Perde anche una vittoria del diritto quale era la presunzione legale di non commercialità garantita a quegli Enti che facevano “il bene per i fragili” poiché si era in grado di comparare, in un equilibrio di politica sociale, il valore della concorrenza con quello della solidarietà.

A breve vi sarà un nuovo Governo e sarebbe sciocco non appellarsi a questo momento affinché, con spirito critico, non ci si chieda se quel che sta accadendo nel Terzo Settore italiano non sia a vantaggio di alcuni ma a danno di altri. Ci sarebbe anche da chiedersi se un percorso che sta per mettere in forse la capacità di fare azioni filantropiche e benefiche con i patrimoni lasciati alle realtà storiche che ne destinavano il ricavato a situazioni di svantaggio sociale, abbia una qualche logica.

Concludendo quella che è una preoccupazione da un osservatorio certamente più legato ai servizi sociali e sociosanitari alle persone anziane, disabili, minori e fragili, spero davvero si possa rivalutare insieme se questa riforma è un bene oppure si stia per danneggiare in maniera irreparabile la storia di migliaia di organizzazioni di carattere Associativo e fondativo che hanno fino ad oggi infrastrutturato le politiche sociali in Italia spesse volte con azioni più supplettive che sussidiarie.

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