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Riforma del codice civile, gli impegni dei politici

Come far decollare l'impresa sociale in Italia? Le proposte del Manifesto di Vita e le reazioni di Pierluigi Bersani (Pd), Maurizio Lupi (Pdl), Roberto Maroni (Lega Nord) e Andrea Olivero (Lista Monti)

di Redazione

Dopo le voci "educare", "donare", "cooperare"  e "lavorare" vita.it pubblica gli impegni dei politici alle richieste del manifesto "Cambiare l'Italia" (vd nelle correlate) elaborato da Vita e dalle maggiori associazioni della società civile italiana

Per il terzo settore in questi anni la sfida è stata in cui si era cercato di confinarlo, e non è più solo riconducibile in un ambito solidaristico, è diventato un attore di natura privata con una irrevocabile vocazione pubblica capace di generare nuovo valore anche economico, capace di produrre condizioni di benessere per tutti, ovvero nuovo welfare, capace di valorizzare gli ingenti giacimenti culturali e turistici, capace di attrarre anche risorse degli altri attori economici e sociali nei territori. Come ha scritto Stefano Zamagni su Vita, «una delle più significative specificità della realtà italiana è quella di aver inventato e attuato per prima il modello del Terzo settore produttivo, mentre quello anglosassone è stato un modello distributivo».

Questo Paese non può continuare a mortificare chi “produce” benessere, innovazione e capitale sociale. Le organizzazioni della società civile ritengono di potersi candidare alla gestione dei beni comuni (salute, cultura, acqua, trasporti), ma per poterlo fare chiedono che non si guardi più alle istituzioni del Terzo settore come realtà a cui è vietata l’attività economica. Perciò chiediamo alla politica:

una Riforma del codice civile libro I Titolo II. la politica “non vede” anche perché abbiamo un Codice civile che non prevede che tra Stato e Mercato ci sia qualcosa in mezzo. Non prevede un soggetto privato che intraprende per perseguire una finalità pubblica. Senza questa Riforma (più che possibile in tempi brevi) ogni riferimento al Bene Comune è pura retorica. Inoltre è questo l’unico modo per risolvere il nodo gordiano di cosa sia Ente non commerciale, definizione fiscale su cui da anni si è incagliati.

di liberare e far decollare l’impresa sociale riferendosi anche alla Social business initiative della Commissione europea, liberandola dalla definizione dei settori.

– di avviare un percorso concreto per una seria proposta di Green Economy che metta al centro il capitale naturale (la straordinaria biodiversità e la ricchezza di ecosistemi e i paesaggi unici del nostro Bel Paese) e che non si limiti allo spostamento degli investimenti su processi e prodotti più sostenibili;

– di inserire nuovi indicatori in grado di fornire un quadro di valutazione più completo dei singoli indicatori economici sino ad oggi adottati (come il Pil) e valutare quindi meglio il benessere e il progresso del nostro Paese. In questo senso è necessario dare seguito al lavoro Cnel-Istat per l’individuazione e l’applicazione del BES – Benessere Equo e Sostenibile.


ECCO GLI IMPEGNI CHE I POLITCI SI SONO ASSUNTI IN CASO DI VITTORIA:

PIERLUIGI BERSANI (PD):In realtà molte organizzazioni del Terzo settore gestiscono già beni comuni, in particolare salute, scuola e cultura, ma è ovvio che in particolare con l’esito degli ultimi referendum sui servizi pubblici si apre una interessante discussione sulla possibile gestione dei servizi pubblici, sulla quale abbiamo già aperto un confronto con i rappresentanti del Forum del Terzo Settore. Dovremo ragionare insieme su modelli innovativi di gestione non lucrativa e partecipata che siano in grado di assicurare servizi essenziali per la cittadinanza, quindi prima che un problema normativo c’è da definire un nuovo modello di organizzazione e gestione dei servizi che probabilmente ci chiede di superare anche le vecchie discussioni sulla riforma del Codice civile che peraltro non avevano nemmeno trovato un adeguato consenso. Il prossimo governo dovrà dimostrare di saper chiamare ad una condivisione su nuove regole e nuovi strumenti, non solo le migliori competenze tecniche ma anche chi in questi anni si è misurato dentro questo spazio tra mercato e Stato animandolo e sperimentando modelli non lucrativi di offerta di servizi.

MAURIZIO LUPI (PDL): Se vogliamo veramente riorganizzare e semplificare l’intera normativa del non profit è indubbio che la strada più efficace è la modifica del Codice civile. Una legislazione risalente a decenni fa non è adeguata per una realtà che non è più quella del dopoguerra. Da dieci anni i vari governi hanno provato a metterci mano ma senza arrivare a una conclusione. È questo uno dei casi più evidenti nei quali operare con trasversalità per definire con chiarezza una distinzione tra attività economica e attività di mercato, il non profit opera ovviamente sul mercato, e quindi fa attività economica, ma non ha fine di lucro. Questa originalità, tipica ad esempio del welfare italiano, va riconosciuta senza lasciare spazi ad ambiguità che possono rivelarsi dannose. Per farlo, e per non perdere un’altra legislatura, occorre lavorare trasversalmente tra i partiti senza preclusioni ideologiche.

ROBERTO MARONI (LEGA): In questo campo si apre un tema delicato, che è quello della possibile “concorrenza sleale” tra profit e non profit, per esempio se competono per lo stesso mercato, ma godendo di due regimi fiscali differenti. Ciò premesso, sono favorevole al coinvolgimento del Terzo settore nella gestione dei beni comuni, tenendo presente però che ciò non può comportare una penalizzazione per chi svolge queste stesse attività in regime di impresa, secondo il Codice civile. Non vorrei si creasse un nuovo sistema simil-cooperativistico che penalizzi chi, anche nel settore dei beni comuni, fa impresa perché vuole fare impresa in senso profit. Che non è di per sé una cosa negativa.

ANDREA OLIVERO (SCELTA CIVICA-LISTA MONTI): Il nostro Codice civile risale al 1942, all'epoca fascista e sottopone la libertà dei cittadini organizzati a una serie di limitazioni evidentemente superate. In particolare il Codice non prevede il ruolo delle esperienze di imprenditorialità sociale e non profit, che negli anni sono andate consolidandosi. Dunque va riallineato con la realtà. D’altra parte va rivista la norma sull’impresa sociale. Oggi prevede solo oneri mentre occorre, in primis, individuare meccanismi che, senza stravolgerne la natura non profit, siano premiali. Occorre poi favorire la crescita culturale e diffondere la sussidiarietà e l’economia civile, paradigmi sui quali basare una economia socialmente e ambientalmente sostenibile


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