Formazione
Riforma cittadinanza in dirittura d’arrivo
Secondo il testo unico presentato oggi in Commissione Affari Costituzionali, viene riconosciuta subito la cittadinanza a chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri, di cui almeno uno sia residente legalmente in Italia, senza interruzioni, da almeno cinque anni.
E’ uno ius soli all’italiana quello che propone il testo unificato presentato oggi in Commissione Affari istituzionali della Camera dalla relatrice Marilena Fabbri. Il testo, che prima di arrivare in aula del Parlamento dovrà essere discusso a settembre in Commissione, raccoglie 24 proposte di legge sulla modifica della legge 91/92, l’attuale codice che regolamenta il processo di acquisizione della cittadinanza italiana per le seconde generazioni, i figli nati in Italia da genitori migranti. Secondo l’attuale legge, una seconda generazione può richiedere la cittadinanza italiana dopo aver compiuto i 18 anni dimostrando una presenza continuativa all’interno del paese.
Secondo il nuovo testo, viene riconosciuta subito la cittadinanza italiana a chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri, di cui almeno uno sia residente legalmente in Italia, senza interruzioni, da almeno cinque anni, antecedenti alla nascita; e chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri di cui almeno uno sia nato in Italia e ivi risieda legalmente, senza interruzioni, da almeno un anno, antecedente alla nascita del figlio.
La cittadinanza in questi casi non è però automatica. Essa si acquista a seguito di una dichiarazione di volontà espressa da un genitore o da chi esercita la responsabilità genitoriale all'ufficiale dello stato civile del Comune di residenza del minore, da annotare a margine dell'atto di nascita.
La cittadinanza italiana viene concessa anche ai nati in Italia e i minori stranieri che hanno fatto ingresso nel paese entro il compimento del dodicesimo anno di età e che hanno frequentato regolarmente, per almeno cinque anni nel territorio nazionale istituti scolastici appartenenti al sistema nazionale di istruzione o percorsi di istruzione e formazione professionale idonei al conseguimento di una qualifica professionale. Anche in questo caso la cittadinanza si acquista a seguito di una dichiarazione di volontà in tal senso espressa da un genitore o da chi esercita la responsabilità genitoriale. La modifica della legge riguarda solo i minori. Gli stranieri che arrivano in Italia da adulti e che secondo la legge attuale devono attendere dieci anni prima di poter richiedere la cittadinanza.
E’(quasi) la fine di un incubo burocratico per circa un milione di giovani di seconda generazione esasperati dalla burocrazia e dalla mancanza di certezza sulle tempistiche delle nostre leggi. Migliaia di giovani che, pur essendo nati e cresciuti in Italia, devono circolare con un permesso di soggiorno e fare la fila davanti alle questure per rinnovare il loro permesso. Molte di queste esasperazioni le abbiamo raccontate sul blog delle seconde generazioni, yallaitalia.it. la prima piattaforma editoriale in Italia che dal 2007 ha raccontato la vita, le esperienze, i sogni, le possibilità negate, il valore aggiunto e il processo di identità delle seconde generazioni.
Una delle storie più lette e coinvolgenti è stata quella di Riham, una ragazza di seconda generazione italo egiziana che per colpa della burocrazia ha perso più di un treno…
Ossessione di una vita, o quasi
di Riham Hamzawi
Caro Stato italiano, cari burocrati
Due mesi fa ho ricevuto un’allettante proposta di lavoro e contando che ero a metà del mio percorso di studi universitari e senza ancora nessuna esperienza lavorativa vera e propria, decisi di accettare al volo. L’impiego era interessante e stimolante:avevo la possibilità di viaggiare in Europa ogni settimana e la cosa mi rendeva entusiasta e curiosa. L’essere una seconda generazione aveva favorito la mia selezione.
Cantai vittoria troppo presto. Ovviamente si verificò un intoppo anzi, L’INTOPPO: i miei documenti.
Essendo ancora in attesa della cittadinanza italiana, quello della burocrazia non è stato un dettaglio da poco. Nessuno tra consulenti del lavoro e gli addetti alle risorse umane era certo che con passaporto egiziano e permesso di soggiorno italiano potessi circolare liberamente all’interno dell’Unione Europea. Così, da novella business woman professionale e diligente, inizio le mie trasferte internazionali senza visti e affini, sperando ogni volta di non avere problemi ai controlli.
Il problema arrivò, come temevo, quando è stato il momento di andare a Londra: il Regno Unito non fa parte dell’area Schengen, per cui io, italo-extracomunitaria, per far visita a sua maestà, avrei dovuto richiedere un visto. Speranzosa e con troppi soldi in meno sul conto corrente, mi fiondo a Roma, all’Ambasciata inglese, e supplico questo maledetto visto auspicando che esso mi venga concesso nel giro di breve tempo.
Per la serie, wait and see…risultato:nothing. Purtroppo non ho ottenuto nulla: avrei dovuto consegnare il mio passaporto ed aspettare almeno tre settimane. Ovviamente no, avevo un’altra trasferta la settimana dopo.
La mia esperienza lavorativa oggi si è conclusa, lasciandomi alcune riflessioni che vi propongo.
Le seconde generazioni vengono spesso osannate per le loro skill linguistiche ( in effetti io parlo 5 lingue), il loro inprinting multiculturale ( ma si tiriamocela) e la buona predisposizione ad essere cittadini del mondo ( anche se io a Reggio Emilia devo dire che ci sto parecchio bene).
Perché allora, quando si tratta di attuare dei provvedimenti legislativi concreti, come quelli che possono incidere sulla semplificazione a costo zero dei processi burocratici, i bei propositi che sento da anni non si traducono MAI in nulla di pratico che ci permetta di essere valorizzati?
Trovo un controsenso alla base: dipingono come salvatori della patria e valore aggiunto del sistema paese i giovani che hanno una doppia nazionalità, ma poi non vengono messi nelle condizioni di fare le cose più semplici come andare a Londra due giorni per un business meeting. Veniamo esaltati ma alla fine della fiera siamo penalizzati. Veniamo elogiati per l’apertura mentale, la ricchezza culturale e il bi- o tir- linguismo, tuttavia, quando una ragazza italo-egiziana può spiccare il volo, la burocrazia ci mette e ci tiene nell’angolo. Poi leggo sui giornali che noi giovani siamo choosy. Io ho scelto di mettermi in pista,ma lo Stato ha scelto di tenermi ai box. Le chiacchiere sullo Ius Soli e sul diritto di cittadinanza si sono rivelate solamente, e per l’ennesima volta, aria fritta.
Il mio sfogo può sembrare l’ennesima invettiva contro la burocrazia e il sistema paese; in realtà sono quesiti che mi e Vi pongo perché sono stanca ed avvilita dalla burocrazia e da trafile di questo tipo. Sono stanca di difendere l’Italia quando il paese mi mette i bastoni tra le ruote.
Voglio essere libera di lavorare e di viaggiare per lavoro, sfruttare le occasioni professionali, contribuire alla crescita del Pil senza vivere l’incubo dei documenti a valanga ( e la tempistica degna da repubblica delle banane) da dover esibire ogni due passi, senza l’ansia di essere bloccati in dogana e senza ritrovarsi a pensare di volere la cittadinanza italiana solo per evitare tutti questi disagi.
L’articolo risale al 17 marzo 2014. Deve aver portato bene, considerando che il 4 giugno Riham è diventata italiana.
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.