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Riflettori sul Celio azzurro

Edoardo Winspeare: un anno con cinepresa in un asilo di Roma

di Maurizio Regosa

La scuola è sorta negli anni 90 alle spalle del Colosseo. Vi convivono bambini rom e pakistani assieme ai figli
dei funzionari della Fao e di attori italiani Che un’associazione trovi un regista interessato a raccontarne l’impegno, non accade di frequente. Ancor più raro il caso in cui il primo passo è del cineasta. Figuratevi perciò lo stupore dei soci de Il Celio azzurro (nel rione Celio, giusto a ridosso del Colosseo) ai quali Edoardo Winspeare (il regista de Il miracolo e di Galantuomini) si è rivolto. «Volevo raccontare questa scuola multiculturale che ho scoperto perché è l’asilo del bimbo del mio direttore della fotografia. Sono stato lì un anno». Così è nato Sotto il Celio azzurro, che descrive l’asilo coi suoi 45 bimbi appartenenti a oltre 30 nazionalità.
Vita: Cosa l’ha spinta?
Edoardo Winspeare: Il desiderio di documentare l’attività di questi maestri. In modo particolare abbiamo seguito due o tre di loro, i fondatori. A Roma il film ha avuto una buona accoglienza. Merito anche della struttura drammaturgica.
Vita: Non è il classico documentario…
Winspeare: Non ci sono interviste, né i montaggi sulla voce off. Per qualche aspetto somiglia a La classe. Ho fatto attenzione che non fosse didattico, ma divertente, buffo, allegro.
Vita: Questa struttura è nata girando?
Winspeare: Sì, ma c’era una idea di base. E cioè quella della regressione. Gli educatori mi ha detto che alla base di una buona relazione con i bambini, c’è un segreto: la capacità di regredire all’infanzia. E d’altro lato comprendere che il proprio padre o il proprio maestro è stato piccolo, è molto utile anche per il bimbo.
Vita: Cos’è la diversità per i bambini?
Winspeare: Per loro significa una lingua, dei costumi, una gastronomia in più. La cosa che mi ha colpito è che l’asilo, nonostante tutto, sembra molto romano, molto improvvisato. Viceversa dietro ogni scelta c’è un pensiero, una riflessione.
Vita: Sarebbe possibile una esperienza simile in un quartiere periferico?
Winspeare: I maestri vengono da famiglie popolari. La loro idea era proprio di non creare un ghetto dei poveri in un quartiere povero. Dunque negli anni 90 hanno occupato la struttura. Che poi il Comune gli ha assegnato. Una bella fortuna: è veramente un bel posto. Quanto ai bambini sono pakistani, rom, di molte altre nazionalità. Ci sono anche figli di funzionari della Fao e di attori italiani.
Vita: Il cinema italiano torna a guardare alla realtà…
Winspeare: Forse tutti noi ci sforziamo di osservare la realtà per quello che è e non in quanto copia della televisione. Prima c’era la realtà e la tivù che la descriveva. Ora accade il contrario. E a volte possono esserci isole di autenticità. Come il Celio azzurro, appunto.
Vita: Finita questa avventura, a che cosa sta lavorando?
Winspeare: A una commedia su una star televisiva locale. Mi interessava esplorare questo mondo di star system di provincia. Sarà un film dolce, racconterà anche la piccola comunità che circonda il televenditore?


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