Improvvisamente il tempo si ferma. O meglio, si rende visibile. La sua durata è palese. Un’ora di vuoto è lunga esattamente sessanta minuti. Bruscamente strappati alla routine degli impegni di lavoro, ci imbattiamo non senza imbarazzo in una dimensione dell’esistere alla quale non siamo più abituati. Quest’anno io me ne sono reso conto meglio, perché già di recente avevo vissuto, in ospedale, il tempo ritrovato, il tempo lento, il tempo apparentemente inutile. Quel tempo che ti costringe a pensare, a occuparti di te stesso, a prendere coscienza che non si può essere solo trascinati dalla corrente del fiume, verso una foce lontanissima e sconosciuta.
Sto leggendo di gusto “L’arte della vita”, l’ultimo testo del prolifico sociologo pensatore Zygmunt Bauman, appena uscito per i tipi di Laterza. Il fulminante studioso che ha inventato la “società liquida” riesce infatti a sorprendermi ancora una volta per la sua capacità di svelarmi ciò che in realtà è sotto gli occhi, e già avvertiamo, senza dare peso alle sensazioni.
Ad esempio la ricerca della felicità. Dimensione alla quale più o meno tutti aspiriamo, ma che non sapremmo definire una volta per tutte. La società dei consumi propone infatti la felicità come continuo, incessante, acquisto di beni che ci possano gratificare e rendere unici, o comunque ben riconoscibili nel nostro contesto sociale. Ovviamente non è questa la felicità che vo cercando. E’ sempre spostata in là. E’ un’aspirazione al meglio, in fondo è il desiderio di sentirsi indicibilmente bene con se stessi, e perciò è impalpabile, indefinibile, molto probabilmente impossibile da raggiungere.
Ma forse non sarebbe male questa estate ragionare sull’incertezza, ossia su quella condizione nella quale tutti siamo immersi, scontenti, o comunque insoddisfatti, e anche preoccupati per un futuro che è sempre più “liquido” e privo di ancoraggi. Stiamo convivendo con l’incertezza, e fatichiamo non poco a comprendere quale sia la strada migliore da imboccare per dare un senso preciso alla nostra personale esistenza, e, per questa via, magari addirittura contribuire al bene comune.
Agosto può resettare la bussola dei sentimenti, e della volontà. Vorrei esercitarmi a riprendere in mano la mia vita, a orientarla correttamente, scrutando con lo sguardo dell’anima oltre le colline ingombre di rifiuti e di scarti, che limitano l’orizzonte e lo rendono opaco. Non è sufficiente il giudizio, o la percezione, che gli altri hanno di me per farmi decidere cosa è giusto fare, quali obiettivi perseguire, a partire da settembre.
Affrontare se stessi è davvero il compito più arduo che abbiamo, perché implica il disboscamento degli alibi e delle giustificazioni di comodo. Lungo o breve che sia il cammino che mi attende, cercherò di sceglierlo, mettendo bene le mie ruote sul terreno. Un giorno dopo l’altro.
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