Cultura

Rifiuti?Ridate ai campi quel che viene da l

Gli organici rappresentano il 30% dei rifiuti urbani.E su di loro si consuma uno degli sprechi più assurdi.

di Maurizio Regosa

Ciascuno di noi ?produce? ogni anno 550 chili di rifiuti urbani. In totale circa 32,5 milioni di tonnellate. Residui che richiedono un apposito trattamento e che nella frazione organica potrebbero, almeno in parte, essere ?riciclati? in maniera virtuosa. L?idea lanciata da Coldiretti è in apparenza molto semplice. Quasi un uovo di Colombo. «I rifiuti solidi urbani di carattere organico rappresentano il 30% del totale. Se ci fosse una seria raccolta differenziata», spiega il presidente di Coldiretti, Sergio Marini, «si potrebbe dare avvio a un processo industriale di compostaggio, alla fine del quale si otterrebbe concime organico».

Una soluzione attualmente praticata solo in parte (nel 2007 si sono ricavati circa 3 milioni di tonnellate di compost di qualità) e che presenta numerosi vantaggi. In termini di contenimento dei costi del conferimento in discarica, di rispetto dell?ambiente (più compost di origine organica vuol dire meno fertilizzanti di origine chimica), di riduzione dei trasporti (i siti di compostaggio potrebbero essere fatti dove il rifiuto organico viene raccolto).

C?è però una difficoltà. È a monte e si chiama raccolta differenziata, per la quale è fondamentale la collaborazione dei cittadini: «Il punto centrale, da cui bisogna partire, è una cultura della raccolta differenziata che ovviamente deve essere fatta in modo da esser sicuri che l?organico sia senza altre componenti. Deve esserci una preselezione accurata dei materiali per evitare che insieme all?organico si trovino altre sostanze che potrebbero inquinare i terreni. «Se riuscissimo», prosegue Marini, «a dividere l?umido organico, sarebbero necessari siti di medie dimensioni per il processo di compostaggio, che dura qualche mese. Fra l?altro questo consentirebbe di riutilizzare il prodotto nei territori in cui è stato smaltito, riducendo così i trasporti e contenendo i costi».

Un aspetto sul quale c?è ancora molto da lavorare: secondo il Rapporto 2007 dell?Apat, la raccolta differenziata in Italia è troppo diseguale: in cima alla classifica c?è il Trentino Alto Adige (con il 49,1%), poi il Veneto (48,7%) e la Lombardia (43,6%), separati da un abisso dalle regioni che si piazzano sugli ultimi gradini: Basilicata (7,8%), Sicilia e Molise (rispettivamente 6,6 e 5%). Ovviamente non è solo questione di disponibilità dei cittadini: senza le necessarie strutture – banalmente, senza i cassonetti relativi – non ha senso neppure immaginarlo un circolo virtuoso di questo genere. «Naturalmente le amministrazioni locali devono impegnarsi in questo senso», precisa Marini. Che aggiunge una proposta: «Si potrebbero realizzare società miste pubblico-privato per gestire i siti. Poi stringere un accordo con i produttori agricoli del territorio per utilizzare il compost. Il punto è costruire un processo trasparente nel quale ogni passaggio sia verificato. Appunto per questo vogliamo essere presenti nella fase di verifica, che deve prevedere, oltre ad esperti e all?ente pubblico, la rappresentanza del mondo agricolo. È l?unico modo per capire in quale parte della filiera sono gli eventuali deficit di controllo: l?agricoltore deve essere sicuro di quello che mette nei campi».

Un modo diverso di affrontare il problema: non sentendosene testimoni o vittime, ma portando avanti proposte che vanno oltre il compito di rappresentanza, verso la responsabilità sociale. Un punto sul quale Coldiretti è estremamente chiara: «Noi rappresentiamo il 60% delle imprese agricole, e quindi il 60% del territorio italiano. Ci poniamo però anche un problema che va oltre la rappresentanza d?impresa e dei suoi interessi. Sentiamo la responsabilità di salvaguardare il territorio e l?ambiente. Un sistema d?impresa ha ragione d?esistere se risponde a un bisogno. Se l?impresa non è utile a nessuno, che ci sta a fare?».


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