Sostenibilità

Rifiuti elettronici: che fine fanno?

Rapporto di Greenpeace: di oltre il 75% non si sa la destinazione finale

di Redazione

Sconosciuto ancora oggi il destino di vaste quantita’ di rifiuti elettronici, con gravi rischi per la salute e la sicurezza dell’uomo e dell’ambiente. Nella sola Unione Europea non si sa nulla del 75% dei rifuti elettronici prodotti, negli Usa la percentuale sale all’80%. Nonostante la presenza di tanti vecchi prodotti elettronici in garage e soffitte, molti di essi infatti finiscono in inceneritori e discariche o vengono esportati, spesso illegalmente, nei paesi in via di sviluppo. La denuncia arriva dal gruppo ecologista internazionale Greenpeace che oggi ha diffuso in tutto il mondo il rapporto ”Toxic-Tech: non nel nostro cortile”. Secondo i dati raccolti da Greenpeace, molti rifiuti elettronici, ed e’ il caso dell’Africa, vengono smaltiti a terra, oppure, come avviene in Asia, finiscono in rudimentali impianti di riciclaggio, con evidenti ripercussioni su salute, sicurezza e ambiente. Anche nella stessa Unione Europea, soggetta a regolamentazioni piu’ rigide, non c’e’, secondo gli ecologisti, un’informazione precisa su dove va a finire piu’ del 75 per cento dei rifiuti elettronici prodotti. E negli Stati Uniti questa percentuale potrebbe essere ancora maggiore superando punte dell’80 per cento, visto che una quota dei rifiuti recuperati viene esportata. L’allarme degli esperti di Greenpeace si fa ancora piu’ forte riguardo i paesi di recente industrializzazione dove, spiegano, “e’ quasi impossibile stimare la percentuale di rifiuti elettronici che sfugge a qualsiasi forma di trattamento o gestione, anche se in India si valuta che circa il 99 per cento dei rifiuti elettrici ed elettronici, pari a 143 mila tonnellate all’anno, viene assorbita dai settori ‘informali’ del riciclo o viene semplicemente gettato in discariche illegali”.

”Sono i lavoratori asiatici, costretti a disassemblare questi prodotti a mani nude, i piu’ esposti alla miscela dei composti chimici tossici contenuti nei rifiuti elettronici” denuncia Vittoria Polidori, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace. Che aggiunge: “Per non parlare dell’inquinamento arrecato all’acqua, all’aria e al suolo, non solo in corrispondenza dei cantieri di lavoro ma anche nelle aree limitrofe”. “La montagna di prodotti elettronici obsoleti -continua Polidori- sta crescendo a un tasso elevatissimo a causa della rapida evoluzione del settore che si unisce al loro sempre piu’ breve ciclo di vita”. I dati forniti da quattro produttori di computer, che hanno gia’ adottato misure di ritiro e riciclo dei beni a fine vita, indicano che solo il 10 per cento circa dei loro prodotti vengono recuperati. Percentuale che diminuisce nel caso dei cellulari, di cui solo il 2-3 per cento viene riciclato. “Questo dimostra che, anche nei casi di aziende che danno informazioni sui propri articoli a marchio, -sottolinea ancora Greenpeace- esiste oggi un flusso nascosto di rifiuti tecnologici che si attesta su una media del 91 per cento dei prodotti immessi al consumo”.

La verita’ e’ che -afferma Polidori- non e’ possibile definire con certezza cosa accade ai rifiuti elettronici che non seguono il percorso del riciclo responsabile. Per questo i produttori devono aumentare il loro impegno per raccogliere e trattare gli scarti correttamente, introdurre programmi volontari di ritiro dei prodotti in disuso e, allo stesso tempo, rimuovere le sostanze pericolose dai propri articoli gia’ nel ciclo di produzione in modo da agevolare le operazioni di riciclo e recupero dei materiali in essi contenuti”. “Solo cosi’ -conclude la responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace- potremmo assicurarci che la marea di rifiuti tossici venga fermata senza diventare un pericoloso problema nel cortile di qualcuno”.


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