Welfare

Rifiuta il premio Reebok per i diritti umani (50mila $…)

La protagonista del gesto ecclatante una sindacalista indonesiana, Dita Sari. Motivo? "Sfruttano i lavoratori del terzo mondo"

di Paolo Manzo

Nel novembre 2001 era stata informata di essere stata selezionata per l’annuale premio per i diritti umani, assegnato dalla Fondazione Reebok per la difesa dei diritti fondamentali. Ci ha pensato a lungo ma alla fine ha deciso di non accettarlo. E la scelta non dev’essere stata facile per la sindacalista indonesiana Dita Sari che di suo 50mila dollari in un colpo solo non li aveva mai visti. Doveva essere consegnato a latere della cerimonia di apertura dei giochi olimpici invernali di salth lake City ma tant’è…

“E’ stato duro dire di no. Da un lato perché si trattava di un riconoscimento per la mia lotta e il duro lavoro che dura da anni. Ma dall’altro non poteva prevalere la mia consapevolezza di come la stessa Reebok tratta i suoi dipendenti nei Paesi del terzo mondo: in Indonesia, Messico, Cina, Tailandia, Brasile e Vietnam gli standard di trattamento sono miseri.

In Indonesia, ci sono cinque fabbriche della Reebok, l’80% dei lavoratori è composto da donne. dal momento che i dipendenti della Reebok guadagnano circa un dollaro e mezzo al giorno, sono costretti a vivere in baraccopoli, in condizioni igieniche spesso disastrose, soprattutto per i bimbi. Contemporaneamente, però, la Reebok raccoglie milioni di dollari di profitti ogni anno, grazie all’opera indispensabile anche di questi lavoratori…”

Perciò Dita sari ha detto…i 50mila dollari? No, grazie.

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.