Welfare
Ricuciamo insieme l’Italia con il lavoro
La Festa del Lavoro con il lockdown di (quasi) tutti luoghi di lavoro: non si era mai visto un Primo Maggio in queste condizioni. Che si tratti di persone anziane e sole, o di famiglie in difficoltà, o di imprese al limite del collasso, non c’è tempo per aspettare le politiche pubbliche di sostegno. Vanno promossi e sostenuti comportamenti di cittadinanza attiva, basati sulla capacità della popolazione di organizzarsi in modo multiforme
La Festa del Lavoro con il lockdown di (quasi) tutti luoghi di lavoro: non si era mai visto un Primo Maggio in queste condizioni. Per la prima volta dal 1990 in piazza San Giovanni non ci sarà il consueto concertone a forte valenza identitaria e di comunità, ma ci sono altri modi per celebrare la festa.
Questa epidemia rischia di sconquassare la società, perché l’emergenza non è uguale per tutte le persone: il tessuto sociale è messo a dura prova e rischia di sfilacciarsi e rompersi.
Governi (nazionale e regionali, ma anche europeo) e Parti Sociali stanno mettendo tutte le risorse possibili per contenere il contagio economico e sociale che seguirà all’emergenza sanitaria e per scongiurare il rischio che si creino focolai di infezione settoriali, territoriali e professionali. Si possono (e si devono) pretendere decisioni politiche coraggiose ispirate al bene comune e non al consenso.
Ma non è ancora abbastanza. Serve sin d’ora la capacità di progettare azioni di contenimento mirate, preventive e tempestive.
È qui che il volontariato e Padova Capitale Europea del Volontariato 2020 potranno esprimere il meglio di sé, in linea con quel Ricuciamo insieme l’Italia che dà il titolo a questa straordinaria iniziativa di massa, popolare e per tutto il popolo.
Le azioni che servono devono essere al servizio di quella parte della popolazione che non dispone di riserve di risorse (materiali, finanziarie, cognitive e relazionali) per affrontare l’emergenza. Che si tratti di persone anziane e sole, o di famiglie in difficoltà, o di imprese al limite del collasso, non c’è tempo per aspettare le politiche pubbliche di sostegno. Vanno promossi e sostenuti comportamenti di cittadinanza attiva, basati sulla capacità della popolazione di organizzarsi in modo multiforme, di mobilitare risorse di qualsiasi tipo, e di agire con logiche specifiche e responsabili per tutelare e prendersi cura dei beni comuni.
Sia il volontariato a farsi interprete e attore protagonista di questa trasformazione sociale di massa. Per il nostro Paese, la rete capillare di persone animate da spirito di condivisione e di supporto è una risorsa chiave per realizzare le iniziative di solidarietà tra fasce di popolazione, tra territori, tra generazioni che sono indispensabili sia per superare il lockdown sia per affrontare le difficoltà della ripartenza, che saranno inevitabilmente maggiori per le fasce più deboli o fragili.
Sia sempre il volontariato a promuovere e guidare un movimento di massa per il lavoro, intercettando, organizzando e finalizzando la disponibilità di chi non ha il tempo ma ha le risorse per contribuire. Chi vive una condizione di lavoro privilegiata (per livello di reddito o per garanzie e sicurezza del posto di lavoro) deve fare la propria parte e lo deve far sapere, perché i grandi slanci collettivi si alimentano anche con i buoni esempi.
L’impegno della rete del volontariato e le risorse delle persone (che si sentono) privilegiate sono come il filo che serve per ricucire gli strappi del tessuto sociale che verranno alla luce in tutta la loro drammaticità non appena riapriranno le porte dei luoghi di lavoro e della filiera educativa e scolastica.
La progettualità della task force guidata da Colao ci porterà in dote uno Stato Innovatore. Il volontariato, invece, ci accompagnerà verso società autenticamente generativa, capace di mobilitare tutte le persone che lo vivono, di mettere ognuna di esse nelle condizioni di contribuire in relazione a quello che può e sa fare, e dotata di processi e strumenti per riconoscere, celebrare e ringraziare. Cominciamo a farlo dal lavoro.
*Professore ordinario di Organizzazione aziendale all’Università di Padova e direttore scientifico del Center for Entrepreneurship and Family Business di CUOA Business School
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