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Riconoscimento dell’asilo, non sia solo una formalità burocratica

La sensibilità che il Governo dimostra con chi arriva attraverso i corridoi umanitari dovrebbe essere la norma per chiunque entri nella nostra comunità: « Perché non istituire una solenne cerimonia in cui consegnare l’asilo politico, spiegandone il significato e i diritti e doveri»? L’intervento del presidente emerito di Intersos

di Nino Sergi

Doppio appuntamento a Fiumicino l'1 e il 2 dicembre prossimi. Altre vite sono salvate dalla guerra in Siria grazie ai “corridoi umanitari”. Il 24 ottobre scorso il ministro Paolo Gentiloni e il viceministro Filippo Bubbico hanno accolto un precedente gruppo di 72 profughi, quasi tutti siriani, provenienti da Beirut come gli altri 56 del giorno successivo. Il progetto, avviato all’inizio del 2016 e realizzato in autofinanziamento dalla Comunità di Sant’Egidio, la Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia e la Tavola Valdese, prevede l’arrivo di più di un migliaio di profughi nell’arco di due anni in base ad un accordo con i ministeri degli Esteri e dell’Interno.

Evitare i viaggi della morte nel Mediterraneo, impedire lo sfruttamento dei trafficanti, permettere a persone in stato di vulnerabilità un ingresso legale e sicuro, con visto umanitario e possibilità di presentare domanda di asilo: sono questi gli obiettivi del progetto che, dopo l’arrivo, continua a sostenere i profughi nell’accoglienza, nelle cure mediche, nella scuola per i bambini, nell’integrazione,

I corridoi umanitari non risolvono il problema dei profughi in fuga da guerre ai nostri confini ma sono senza dubbio un importante segnale nella giusta direzione degli ingressi legali e in sicurezza. «Se questo esempio italiano sarà seguito da diversi paesi europei e anche non europei, noi possiamo consentire a migliaia di rifugiati di esercitare il loro diritto di asilo in modo sicuro e senza essere soggetti a terribili sofferenze… Un piccolo contributo ad una soluzione generale che oggi è necessaria». Così si esprimeva il ministro Gentiloni il 29 febbraio scorso accogliendo i primi 93 rifugiati siriani dei “corridoi umanitari”.

Seguendo la traccia italiana, nel 2017 dovrebbe partire un’analoga iniziativa in Francia per l’accoglienza di 500 profughi e sta crescendo un serio interesse in Olanda, Spagna, Germania, Svizzera. Anche la Conferenza episcopale italiana, attraverso Caritas italiana e Fondazione Migrantes, ha intenzione di finanziare corridoi umanitari per 500 profughi sudanesi, eritrei e somali che si trovano in condizioni di particolare vulnerabilità nei campi in Etiopia.

Ma torniamo all’interesse mostrato dal Governo per l’iniziativa “corridoi umanitari” e per i 400 profughi entrati finora in Italia. Sono stati ricevuti da un ministro e un viceministro che hanno espresso lodevole sensibilità umana oltre che politica. Ed è proprio questa sensibilità, che sembra appartenere a tutto il Governo, che dovrebbe essere valorizzata maggiormente e adeguatamente in tema di asilo (e ancor più in tema di cittadinanza: ma è un altro e ancor più delicato capitolo!).

Il riconoscimento del diritto di asilo e dello status di rifugiato dovrebbe essere vissuto come atto di alto valore politico, culturale, sociale, comunitario. Esso continua a rimanere, purtroppo, un atto puramente burocratico, il cui valore non appare nella sua giusta e dovuta dimensione. Perché non istituire in ogni regione una solenne cerimonia in cui una o due volte l’anno viene consegnato ai richiedenti asilo tale riconoscimento, spiegandone il significato e i diritti e doveri che esso comporta? E perché non stabilire che a turno i ministri o viceministri e sottosegretari vi partecipino, coinvolgendo i territori e le comunità, stringendo le mani e dialogando con i rifugiati neo-riconosciuti? Un po’ come è stato fatto a Fiumicino accogliendo i profughi siriani.

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