Cultura

Riconoscere i maestri è ciò che importa davvero

Recensione del libro "Io sono il maestro" di Hrafbhildur Hagalin (di Antonino Piazza).

di Redazione

Cos?è importante se il non sapere riconoscere padri e maestri? Stiamo parlando di poeti o, laicamente, di profeti. “La sera quando me n?andavo a letto vedevo le facce dei grandi compositori. Mi guardavano… Tu eri la mia bambina! Nata per suonare. Nient?altro aveva importanza. Niente! Dopo questa prova avresti potuto fare qualsiasi cosa. Non capisci? L?artista deve dare la vita per l?arte”. Questo ci dice la drammaturga islandese Hrafnhildur Hagalìn in Io sono il maestro (Iperborea, euro 8,50). “Sento delle note. Le ho sentite fin dall?inizio. Mi addormentavano la sera. Mi svegliavano al mattino e per tutto il giorno mi suonavano nelle orecchie, meravigliosamente pure come una fonte che sgorga dal profondo suolo. C?era la mia passione, nascosta in quelle note. Dovevo catturarle. Dovevo dominarle. Mi mettevo a suonare ogni giorno e cercavo di riprodurle. Non avevo pace, a volte andavo avanti sei o sette ore al giorno. Perdevo il senso del tempo e dello spazio, non mi fermavo, a volte mi sanguinavano le dita ma non sentivo il dolore, dovevo andare avanti. Ero obbligata dalle note che risuonavano lontano, come una rivelazione divina e io sapevo… che erano perfette e che tutto il resto era falso”. E cosa se non questo dà al poeta la sensazione di appartenere a quell?esigua schiera di condannati al fuoco, quelli che sono i toccati dalla grazia, quelli che presi per i capelli dalla bellezza c?insegnano a salutarla?

Antonino Piazza

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