Famiglia

Ricominciamo dalle donne e dai bambini

Nei villaggi di Assefa si punta sull'educazione e sul ruolo delle donne protagoniste di piccole attività produttive e artigianali.Per loro anche una banca

di Emanuela Citterio

L’Anthyodaya è, secondo il pensiero di Gandhi, l’innalzamento delle persone meno considerate della società. Dei “fuori casta”, innanzitutto, e delle donne. Il miglioramento della condizione femminile ovunque occupa un posto importante nei programmi di sviluppo per il Sud del mondo. «Il lavoro con le donne è uno dei cardini dell’attività di Assefa», spiega Gianni Nikiforos. «La loro emancipazione passa anche attraverso piccole attività che le aiutano ad avere un reddito, e di conseguenza a essere più considerate all’interno della società». Nei villaggi Assefa le donne si riuniscono in gruppi, intraprendono piccole attività produttive e artigianali, costituiscono un fondo comune per iniziare insieme progetti più grandi. Le donne, una volta organizzate, riescono ad agire con perseveranza e a far fruttare i prestiti che vengono loro concessi a vantaggio della famiglia e di tutta la comunità. L’emancipazione della donna, i terreni gestiti dai contadini, i prestiti per i fuori casta sono traguardi che rappresentano grandi rivoluzioni all’interno della cultura e dell’organizzazione sociale indiana. «I cambiamenti sono lenti ma radicali», continua Nikiforos, «perché non sono imposti da una cultura estranea a quella locale, come accade in tanti programmi di cooperazione internazionali. In India, per esempio, non avrebbe senso rivendicare i diritti delle donne con un atteggiamento di contrapposizione, di scontro diretto. Il sistema migliore e più naturale è che il ruolo della donna acquisti rilievo progressivamente all’interno della società». Assefa intesta alle donne abitazioni vivibili per la loro famiglia, studia dei programmi economici perché possano avere dei guadagni regolari, dà loro la possibilità di seguire dei programmi di istruzione. «Il lavoro educativo e culturale è il cuore di tutto il resto», dice ancora Gianni con convinzione. «Nelle scuole costruite da Assefa le insegnanti sono prevalentemente donne mentre nelle altre strutture scolastiche l’insegnamento è di solito riservato ai bramini, che nella scala sociale indiana occupano il posto più alto». Nelle assemblee di villaggio, dove la donna non ha quasi nessun potere decisionale, i progetti di Assefa vengono spiegati da operatori di entrambi i sessi. Le donne però sono le prime a prendere la parola. Sono piccoli segni che aiutano la gente ad abbandonare alcune norme culturali che opprimono le persone più deboli. Una rivoluzione tutta indiana, che attinge ai valori più autentici della tradizione. (E.C.)


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