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Ricominceremo da capo. Come sempre

La guerra in Libano/ «I pellegrini sono spariti, non è la prima volta e non sarà l’ultima. Cosa manca? Una visione politica coraggiosa». Intervista la Custode di Terrasanta

di Emanuela Citterio

Sono in Libano da 800 anni. Ma la casa che abitano comprende anche Israele, Siria, Giordania, Egitto, Rodi e Cipro: la Custodia di Terrasanta. I francescani che ne fanno parte sono 300, di 32 nazionalità diverse. E in questi giorni vivono su entrambi i fronti la guerra in Medioriente. In Libano i francescani sono presenti con parrocchie e attività sociali a Beirut, Tripoli e Harissa. E hanno una comunità a Tiro, vicino a Cana, e alla strage del 30 luglio. Padre Pierbattista Pizzaballa, a capo della Custodia, è stato tra le persone che il ministro degli Esteri Massimo D?Alema ha incontrato a gerusalemme all?indomani della strage, insieme al cardinale Carlo Maria Martini e al patriarca Michel Sabbah.

Vita: Partiamo da Israele. Come si vive a Gerusalemme ciò che accade in Libano?
Padre Pierbattista Pizzaballa: Tra gli israeliani c?è preoccupazione, ansia, sconforto. Si sentono messi sul banco degli imputati. Da parte della popolazione araba c?è molto risentimento nei confronti di Israele, degli Stati Uniti e anche dell?Europa, che secondo molti non fa abbastanza per fermare i bombardamenti. In alcuni ambienti, e a mente fredda, c?è il tentativo di valutazioni più articolate, ma la situazione è molto complessa.

Vita: Com?è articolata la vostra presenza in Libano?
Pizzaballa: è una presenza ordinaria, fatta di conventi, scuole, case di accoglienza, centri sociali per gruppi giovanili, case religiose. Abbiamo due scuole, a Tiro e Tripoli. I nostri confratelli stanno bene, anche se sono provati, come tutti i libanesi, da quello che sta accadendo. Le scuole erano già chiuse quando la situazione è precipitata Per il resto si continua ad andare avanti. Nessuno di noi ha intenzione di fermarsi, guai a noi se ci si ferma?

Vita: Prima della crisi lei ha detto che la Custodia non avrebbe chiuso le porte del dialogo con nessuno, nemmeno con Hamas. A che punto è questo dialogo?
Pizzaballa: Il governo di Hamas, a parte proclami contro Israele, non ha presentato alcun programma. E poi noi siamo frati, ed è bene che continuiamo a fare i frati. Naturalmente siamo sempre aperti con tutti e chiunque, ma in questo contesto così intricato e teso qualsiasi gesto sarebbe stato fuori luogo e non compreso.

Vita: C?è ancora margine in questa crisi per una mediazione da parte dei religiosi o della società civile?
Pizzaballa: No guardi, queste sono tutte cose che funzionano in Europa. Qui quello che noi possiamo fare come cristiani, come frati, è continuare a lavorare con la gente e, nel nostro piccolo, fare sentire la nostra voce, la nostra proposta di accoglienza verso tutti. Ma credo che per il momento non si possa andare oltre.

Vita: Incontra spesso il cardinale Martini?
Pizzaballa: Sì, e ci scambiamo opinioni. Ma non è che il contesto locale sia in attesa di ascoltarla la nostra opinione. Ci soffermiamo sulla sofferenza della popolazione, sul bisogno di visioni politiche nuove.

Vita: C?è chi non ha accolto con favore l?equidistanza dell?appello del Papa?
Pizzaballa: Ripeto, la parola della Chiesa cattolica avrà forse influenza in sedi internazionali, ma qui ne ha molto poca. Credo che la parola del Papa sia stata forte, chiara e netta. Di più non si poteva fare. In casi come questo una virgola in più o in meno crea terremoti diplomatici.

Vita: Cosa sperate per il futuro?
Pizzaballa: Per il momento è tutto fermo. I pellegrini sono spariti, tutto sembra azzerato. Ma non è la prima volta e non sarà l?ultima. Ricominceremo, come al solito. Questa situazione di bombardamenti e violenza fisica diretta finirà prima o poi e tutti speriamo che la politica possa far di nuovo sentire la propria voce in maniera autorevole, senza troppi equilibrismi ma con coraggio e con visione.

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