Mondo

Richiedenti asilo, così si vive in un Cara

Ad Isola Capo Rizzuto

di Maurizio Regosa

La struttura, gestita dalla Misericordia locale,
in questo momento ospita 666 migrantiCosa succede dentro un Cara, ossia un centro di accoglienza per i richiedenti asilo? Qui ad Isola Capo Rizzuto è un sabato pomeriggio di fine maggio. A poche centinaia di metri si è appena concluso il convegno «Più solidarietà, meno povertà» organizzato dal Centro nazionale per il volontariato. E molti delegati sono, appunto, in visita al Cara. Dove vivono 666 ospiti (25 le donne, 14 i minori accompagnati). La struttura è gestita da alcuni anni dalla Misericordia locale (tramite la Confederazione nazionale, come avviene a Modena e Bologna). «320 sono i cosiddetti “casi Dublino”», spiega Leonardo Sacco, «persone entrate nel territorio europeo giungendo in un altro Stato e chiedendo all’Italia il riconoscimento dello status».
La legge però non consente di arrivare in un Paese e chiedere rifugio in un altro. Da qui, «l’opportunità di una sanatoria fra l’Italia e il Paese d’arrivo», ipotizza Sacco, «altrimenti continueranno ad essere parcheggiati qui come altrove». Al Cara in ogni caso ci si prende cura di loro come dei 220 richiedenti asilo. Ricevono i pasti, ovviamente, gli abiti, un bonus di 3,5 euro al giorno e abitano – gli uomini – nei container climatizzati, le donne, i minori e gli adulti per varie ragioni vulnerabili, in appartamentini. Quanto alle attività giornaliere c’è la scelta fra le attività sportive, il laboratorio d’arte, la scuola d’italiano. Per le donne è stato creato un corso di cucito, per i bambini una ludoteca. Un impegno grande. «Sono 320 le persone che lavorano al Cara», commenta Gabriele Brunini, presidente nazionale, «qui dentro, lo posso assicurare, svolgiamo un ruolo significativo e di qualità».

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