Cultura

Richard Stallman: professione rivoluzionario

La vera storia di Richard Stallman. La crociata a sostegno del Free Software finalmente raccontata in un bel libro, rigorosamente diffuso sotto GFDL (l'articolo è tratto da Apogeonline)

di Bernardo Parrella

Oggi Internet è un bene comune a disposizione di tutti. Ciò per via dell’architettura aperta e neutrale su cui è stata costruita fin dall’inizio. Uno scenario che ha consentito il raggiungimento di una massa critica di utenza capace di garantire la libera circolazione delle idee e del codice. Questo, per sommi capi, il quadro da cui muove Larry Lessig ne “The Future of Ideas”, per poi delineare i pericoli di accentramento e controllo che dovremo affrontare nel prossimo futuro a difesa di tale bene comune. Opinione senz’altro condivisibile, basata com’è sul tipico processo che in questi anni ha lanciato in orbita la comunità open source e il movimento del free software. La cui esistenza, spiega lo stesso Lessig, “è d’importanza critica per la stessa Internet, pur se forse indirettamente, in quanto impedisce alla piattaforme proprietarie la creazione di quelle barriere strategiche che bloccano ogni innovazione.” Libertà di codice, quindi, e libertà d’espressione sono tutt’uno. Una bandiera sventolata nel pianeta digitale dalla Free Software Foundation, e in particolare dal suo factotum, Richard M. Stallman, meglio noto come RMS. A lui viene dedicato finalmente un intero volume, di fresca uscita in USA per O’Reilly e interamente disponibile online.
“Free as in Freedom” di Sam Williams arriva a riempire un tassello importante nella storia di Internet in quanto bene comune: la “Crociata di Richard Stallman per il Free Software,” come recita il sottotitolo. Non solo perché delinea l’evoluzione di una sorta di “genio incompreso”, da adolescente solitario e problematico a programmatore ultra-rispettato a testardo Robin Hood dell’high-tech, come l’ha definito qualcuno. Probabilmente il maggior merito della biografia sta nelle prospettiva complessivamente nuova in cui viene inquadrato l’individuo e il personaggio Stallman nonché nella messa a fuoco delle articolate questioni in ballo, sia relative al free software che all’intera industria informatica. Un intreccio avvincente che interpone dettagli personali, perfino intimi, della vita di RSM con disquisizioni squisitamente tecniche sulle complessità operative dietro i programmi open source e il resoconto di eventi ormai passati alla storia (vedi la nascita del termine open source inizialmente snobbato di Stallman, e ancor oggi poco digerito). Né potevano mancare le ampie digressioni intorno alla creazione della licenza GPL e annesse variazioni — per i più curiosi, in chiusura il libro offre otto pagine fitte fitte con il testo integrale della GNU Free Documentation License (GFDL, versione 1.1, marzo 2000).
Significativo l’epilogo, non a caso basato sulle diatribe legate alla licenza sotto cui diffondere il libro stesso, “sottigliezze” a cui il fondatore della Free Software Foundation ci ha giustamente abituati da tempo. L’autore, stagionato giornalista high-tech spesso presente su Upside Today, ripercorre per filo e per segno “la storia dietro questa storia”, ovvero i travagli che hanno dato alla luce il volume stesso. Inizialmente previsto come estensione in formato e-book (30.000 parole) di un’intervista con Stallman pubblicata da Williams sul sito BeOpen nell’aprile 2000. Iniziativa rimasta però ai blocchi di partenza, sia per la posizione pro-copyright comunque sostenuta dall’editore di New York sia per l’altrettanto tipica intransigenza di Stallman sulla libertà di copia e redistribuzione dell’e-book. Ciò nonostante complicate trattative, svariati viaggi in aereo da una costa all’altra degli USA, innumerevoli email e telefonate tra i vari soggetti coinvolti. Chiuso ogni rapporto tra i due, il materiale raccolto è rimasto ad ammuffire per oltre un anno. Per fortuna che è infine intervenuto Tim O’Reilly, da tempo impegnato alla grande nel giro open source tra editoria, conferenze e un vitale network interattivo. “Dopo aver firmato il contratto [settembre 2001], ho informato Stallman del rilancio del progetto-libro,” scrive Sam Williams. “Ho chiarito che O’Reilly mi dava scelta tra la Open Publication License e la GNU Free Documentation License. Io propendevo per la prima, se non altro perchè non vedevo motivo per offrire ad editori rivali la possibilità di stampare il medesimo libro con altro titolo. Stallman ha replicato sostenendo invece la seconda, notando come fosse stata già stata usata da O’Reilly in passato.” Morale: vada per la GFDL, ma con la garanzia di ulteriori interviste dettagliate con il protagonista.
Fatto l’affare, a guadagnarci siamo indubbiamente noi lettori. Perché così veniamo a scoprire, ad esempio, che Richard non è mai piaciuto giocare a scacchi, nonostante una mente analitica e matematica. Motivo? Già nelle medie odiava la “competizione testa-a-testa”, e matricola ad Harvard si rifiutò di prendere il quotato test Putnam per il “pressante timore di commettere qualche stupido errore,” pur essendo primo della classe nel corso di Math 55 e avendo dimostrato di saperne risolverne tutti i complicati quesiti. Alice Lippman, la madre, ci racconta invece di aver notato per la prima volta le geniali capacità del figlio all’età di otto anni. Ovvero nel 1961, quando prese tranquillamente a spiegarle come risolvere un puzzle matematico nelle pagine di Scientific American su cui lei andava rompendosi il capo. E mentre il padre si professava apertamente contro la guerra in Vietnam, perfino con un adesivo sul parafango della macchina, Stallman afferma che “pur ammirandolo, non poteva immaginare di far nulla al riguardo,” terrorizzato di fronte alla leva obbligatoria di quell’epoca, scampata per un soffio nel 1971.
Ma è ovviamente l’odissea dell’hacker purosangue e del suo spirito anarchico a dominare nelle oltre 200 pagine dell’opera. Dove si narra dell’inevitabile salto definitivo al laboratorio di Intelligenza Artificiale del MIT, geograficamente a un tiro di schioppo da Harvard, ma distante anni-luce per creatività e cameratismo. “Era un pezzetto di paradiso terrestre,” spiega Stallman, “dove vigeva la cooperazione più assoluta.” Per parecchi hacker come lui, il nono piano di 545 Tech Square, Cambridge, Massachussetts divenne in breve casa, amici, famiglia — tutto. Nasce così la Emacs Commune, con un nugolo di giovanotti del tutto incuranti del mondo esterno, seri e felici davanti al monitor anche per 20 ore filate onde arrivare al ‘codice perfetto.’

E poi poi….
Meglio non rivelare oltre. Basti notare come tutto ciò e quant’altro, fino ai nostri giorni, è ormai entrato nella storia — non solo in quella dell’informatica ma anche (e forse soprattutto) nel vasto contesto socioculturale dell’epoca contemporanea. Ecco quindi il senso e l’importanza di dedicare finalmente una biografia in tempo reale — ricca di riferimenti ad altri volumi, pubblicazioni, web-link — ad una storia e ad una persona fin troppo spesso mal comprese, equivocate, sottovalutate. E se è vero che l’altro eroe della rivoluzione open source, Linus Torvalds, si dice rivoluzionario per divertimento (e per caso), ancor più vero è che a Richard Stallman spetta la palma di rivoluzionario per convinzione (e professione).

Free as in Freedom
Richard Stallman’s Crusade for Free Software
by Sam Williams
March 2002
ISBN: 0-596-00287-4
240 pages, $22.95
O’Reilly

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