Cultura

Ricette di riconversione

Basi militari. Parla Andrea Licata, presidente del Centro studi sulla pace di Trieste

di Francesca Naboni

Là dove oggi decollano F16 e si stoccano bombe nucleari, immaginatevi impianti solari, parchi o ipermercati.Un happy end da pellicola cinematografica? Al bando sorrisi beffardi e fronti aggrottate: un?aria nuova si respira intorno alle basi militari. E non solo nell?arcipelago della Maddalena, già sommerso da una mareggiata di proposte di remake turistico-balneario, ma anche in continente – dove attività e manovre militari sono ben lungi dal conoscere una tregua – la parola d?ordine fra comitati e comunità locali è «riconversione civile preventiva». Suggestione di massa o possibilità reale? «I veri realisti siamo noi», esordisce Andrea Licata, presidente del Centro studi e ricerche sulla pace dell?università di Trieste, da anni impegnato in un approfondimento sulle possibilità di convertire ad usi civili la base Usaf di Aviano. «Una base militare, in quanto tale, è destinata ad andarsene, così come era venuta. I veri utopisti sono quanti pensano che una base militare sia eterna, che la natura possa abituarsi o sopportare l?inquinamento che queste producono», osserva Licata. E ancora: « Importanti studi sui processi di conversione dal militare al civile attuati in Europa centrale e orientale hanno documentato che una base militare tende a strozzare la comunità». Vita: Ha avuto modo di verificarlo anche nelle sue ricerche condotte in Italia? Andrea Licata: Nella base di Aviano, superata la festa della speculazione, perlopiù edilizia, i posti di lavoro dell?accampamento Usaf restano precari, come testimoniano le proteste più recenti. La base, quando se ne andrà, lascerà in regalo solo un territorio molto inquinato. Questa struttura rivela oggi tutta la sua debolezza: le alternative civili, negate da anni, sono a portata di mano. Vita: Come si può conciliare un processo di conversione civile con la piena attività della base militare? Licata: Il lungo e difficoltoso processo di conversione può essere avviato anche di fronte a una struttura militare in attività. Con notevoli vantaggi futuri. Se le comunità locali riusciranno a impugnare le redini del processo di conversione sarà possibile evitare che le aree delle ex basi siano utilizzate per altre attività militari o inquinanti, come depositi di scorie pericolose; si eviteranno speculazioni edilizie ed altri scenari di appiattimento. Vita: In concreto tutto questo cosa significa per Aviano? Licata: Le proposte formulate dal Comitato unitario contro Aviano 2000 sono tre: la creazione di un fondo regionale per la conversione civile, un monitoraggio indipendente sullo stato dell?inquinamento locale nell?ottica di creare, così come è avvenuto alla Maddalena, uno strumento di pressione e infine si devono stimolare da subito attività economiche alternative per ridurre la dipendenza economica della comunità. Vita: Quali sono le soluzioni più verosimili per il ?dopo base?? Licata: Per un aeroporto militare la riconversione più semplice sembrerebbe quella di diventare un aeroporto civile, come si è suggerito nel caso di Sigonella. Eppure, a mio giudizio, conversione è diversificazione: passare da una cattedrale nel deserto a una serie di piccole attività più articolate che, prima di tutto, limitino l?impatto ambientale. Nel caso di una base, come quella di Aviano, dotata di un notevole complesso di strutture e prefabbricati, è immaginabile un percorso di diversificazione in svariate attività e iniziative sociali e culturali. Nello specifico, si potrebbe pensare alla ricerca e produzione di energia solare, in particolare del fotovoltaico, che necessita di ampi spazi. L?importante è che si avviino da subito studi e valutazioni concrete di queste proposte. Un processo di conversione preventiva ed attiva che coinvolga le comunità locali in maniera diretta può portare ad accelerare i tempi di trasformazione delle basi a luoghi civili e sperimentare attività di lavoro sulla base di una nuova riflessione ecologica e sociale. Il caso Germania 41mila posti di lavoro in meno Che cosa ne è stato delle basi militari sovietiche e della Nato smantellate con la fine della Guerra fredda? La mancanza di pianificazione della riconversione in alcuni contesti ha prodotto effetti negativi. Il caso tedesco è significativo. Il processo di ristrutturazione incominciò nel 1990 quando gli Usa ritirarono dalla Germania 180mila soldati, chiusero o ridussero 630 siti militari, licenziarono 41mila civili tedeschi, eliminarono 15 cittadelle militari e sei basi aeree. Nello stesso periodo l?Italia vide una riduzione di migliaia di addetti militari e civili in 14 differenti siti. Circa 8mila installazioni militari, che coprivano più di un milione di ettari, sono state quindi convertite a uso civile.


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