Salute

Ricerca medica, il non profit fa la differenza

Ogni anno il Terzo settore destina alla ricerca 300 milioni di euro. Sono le risorse che in Italia fanno la differenza. Perché sostengono progetti e ricercatori di altissima qualità. L’inchiesta sul numero in distribuzione da venerdì 8 marzo

di Redazione

«Ogni anno, circa 300 milioni di euro vengono investiti nella ricerca biomedica da realtà non profit. Ossigeno puro per i 35mila ricercatori impegnati in Italia a studiare e combattere le malattie. Pur non essendo infatti il contributo più consistente alla ricerca medica, le risorse delle non profit hanno due caratteristiche che difficilmente si trovano negli altri tipi di finanziamenti: la valutazione rigorosa e indipendente dei progetti, e la natura competitiva dei bandi, che arriva a premiare i più meritevoli dopo una selezione in genere condotta da gruppi di esperti di livello internazionale, spesso stranieri, così da evitare cordate accademiche e preferenze che prescindano dalla qualità delle ricerche proposte». A scriverlo su Vita magazine di marzo in distribuzione da domani venerdì sono Luca Carra e Sergio Cima, redattori di Scienza in rete che hanno curato l’inchiesta che apre il numero. Che presenta anche una serie di infografiche che testimoniano il peso delle organizzazioni senza scopo di lucro nel sistema della ricerca italiano.

«Se il nostro standard fosse esteso ad altri enti finanziatori sono certo che il livello della ricerca in Italia alzerebbe di molto la sua qualità», sostiene nel capitolo 1 il direttore generale di Airc Niccolò Contucci. «Non profit fondamentale nella fase di avvio della ricerca», gli fa eco il presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi. Un dibattito a cui sulle pagine di Vita prendono parte anche don Tullio Proserpio, cappellano dell’Istituto dei tumori di Milano («la relazione, la fiducia e la speranza col e del malato sempre di più stanno diventando elementi complementari pe runa ricerca realmente efficace), Silvio Garattini, presidente del Mario Negri («oggi un farmaco viene approvato senza tener conto dei benefici sulla vita dei pazienti») e Francesca Pasinelli, direttore generale di Fondazione Telethon («Studiare le patologie rare significa fare innovazione a vantaggio di tutta le ricerca sulle terapie geniche»).

Nel capitolo 2 siamo entrati in alcuni dei centri che in Italia hanno messo lo studio scientifico direttamente al servizio dei pazienti. Con un focus su cinque giovani promesse della ricerca italiana. Infine il capitolo 3 è dedicato al mondo delle associazioni dei malati, un mondo in forte crescita e sempre più protagonista nel supporto al studi scientifici, grazie al fundraising, alle iniziative di sensibilizzazione dell’opinione pubblica e alle indicazioni fornite ai ricercatori.

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