Sostenibilità

Ribaltone in redazione, gli ultimi vanno in prima

Fonti di notizie e di storie, osservatori credibili e affidabili, ma soprattutto testimoni speciali della nostra epoca

di Cristina Giudici

Il volontariato si è ormai conquistato un posto nelle pagine dei quotidiani italiani che lo raccontano con una certa proprietà di linguaggio e con ammirazione. Di più, il volontariato non solo è, quindi, riconoscibile e raccontato, ma è anche riconosciuto sempre più come soggetto di discorso nella rappresentazione della cronaca sociale. A lui si guarda sempre più anche come fonte di informazione e soggetto politico capace di interpretare i dati di realtà. Questo, se si volesse sintetizzare in un brevissimo abstract, il risultato di una ricerca fatta proprio dallo staff di questo settimanale che ha comportato la lettura e l?analisi di quasi 110 mila articoli della stampa quotidiana italiana nazionale e locale (20 testate, 13 a diffusione nazionale e 7 locali), e che sarà presentata a Foligno alla IV Conferenza nazionale del volontariato. Risultati sorprendenti e che sfatano la gran parte dei luoghi comuni che ancora stanno alla base di quasi tutte le riflessioni e i ragionamenti, vittimistici o utopistici, sul rapporto tra volontariato e mass media. Come potrete constatare dalle tabelle sintetiche, non solo il volontariato e le sue iniziative trovano spazio di per sé (una media di quasi 10 articoli al giorno), ma, e la sorpresa è ancor più clamorosa, è molto maggiore lo spazio riservato dai grandi giornali nazionali che dalle testate locali (8 articoli al giorno sulle testate nazionali e solo 2 su quelle locali). Sorprendente è anche il modo con cui la stampa quotidiana parla di volontariato: nel 99% dei casi gli articoli usano un linguaggio appropriato, pertinente, che solo in rarissimi casi presenta un?immagine distorta dell?impegno volontario di milioni di cittadini. Ma ancora più sorprendente è leggere la classifica dei quotidiani che danno maggior spazio ai volontari: dopo ?Avvenire?, che per scelta di campo pone in rilievo ogni avvenimento all?interno della cosiddetta società civile (ma non succede altrettanto per ?Il Manifesto?, che sta nelle zone bassissime della classifica), il quotidiano che ha pubblicato più articoli sul tema è ?Il Corriere della Sera? seguito da ?Il Giorno?, ?La Repubblica? e ?La Stampa?. Insomma, il volontariato fa notizia. E i volontari non sono più quei bravi ragazzi, un po? straccioni, che fanno opere di bene perché non sanno o non possono fare altro. Le loro opinioni, le storie delle persone che custodiscono gelosamente (dai kosovari, ai curdi, ai malati di Aids, ai bambini di strada ecc.), le immagini che hanno fotografato (dal?auragano assassinio Mitch alla tragedia di Sarno), li hanno trasformati in testimoni di un?epoca, con cui i cronisti devono obbligatoriamente fare i conti. All?interno della ricerca ?Il volontariato in pagina? c?è un capitolo dedicato agli articoli pubblicati nello stesso arco di tempo (dal 16 ottobre al 17 novembre 1998), che riguardano un tema sociale, forse fra i più complessi: l?immigrazione. Sono stati letti 20 mila articoli di 5 testate nazionali in cui emerge quanto i volontari siano diventati protagonisti della cronaca e interlocutori competenti, la loro voce è quella preferita dopo quella delle istituzioni e delle forze dell?ordine. A commentare i risultati della ricerca abbiamo chiamato i direttori dei tre più diffusi e autorevoli quotidiani per capire i motivi dello spostamento sociale dell?informazione: ?La Stampa?, ?La Repubblica?, ?Il Corriere della Sera?. «Nei giornali oggi mancano le idee, ma le migliaia di uomini e donne che sono impegnati nel volontariato possono offrirci molti spunti e soprattutto ci possono far riflettere sul fatto che il cinismo alla lunga perde sempre», dice Gianni Riotta, condirettore de ?La Stampa?. «I giornali dedicano spazio al volontariato perché il loro ruolo è quello di essere specchio e coscienza della comunità». La presenza dei volontari ha cambiato anche il metodo di lavoro dei cronisti, quindi? «I volontari sono ormai delle sentinelle del territorio, in Italia e nel mondo, perciò il cronista deve per forza attingere alla loro esperienza, ma credo che ci debba anche essere uno scambio. Loro offrono fatti e spunti per interrogarci su come dare le notizie e i cronisti dedicano spazio al loro impegno, riservandosi però la libertà di critica. La mia speranza è che in questo modo il giornalismo trash sparisca definitivamente e nasca una nuova informazione che non avvalli né il cinismo né l?indifferenza». I risultati della ricerca non sorprendono il direttore de ?La Repubblica?, Ezio Mauro: «È una realtà che seguo da anni. I giornalisti di Repubblica hanno un rapporto di affinità politico-culturale con i volontari che è già collaudato. Li rispettano molto perché rispettano il senso della solidarietà, l?impegno sociale, la loro determinazione a non rassegnarsi. Quest?estate abbiamo realizzato un?inchiesta approfondita sul mondo del volontariato e non è un caso. Il nostro giornale ha alzato un?antenna per captare la forza di questo fenomeno e di fatto abbiamo istituito una sorta di osservatorio sul campo». Vuol dire che il giornalismo è cambiato, anche per un grande giornale come ?La Repubblica?? «Il giornalismo cambia perché cambia la vita del Paese, la società. E i giornalisti non devono essere sordi, muti e ciechi. I nostri giornalisti hanno instaurato un rapporto costante con i volontari perché essi ai nostri occhi sono interlocutori credibili. Non difendono istituzioni o gruppi politici, ma registrano cosa si fa e denunciano ciò che non si fa, al di là delle appartenenze». Entusiasta Ferruccio de Bortoli, direttore de ?Il Corriere della sera? che afferma: «Finalmente una buona notizia. Se il Corriere della Sera risulta fra i quotidiani italiani che dedicano maggior spazio ai temi del volontariato, allora vuol dire che la buona scuola dei suoi cronisti non è andata persa. Un grande giornale e il suo pubblico si nutrono a vicenda, crescono insieme, cogliendo i segnali di novità più importanti, facendoli diventare un fenomeno, segnalandoli anche a chi non ha avuto modo di avvertirli. Perciò l?attenzione che il nostro giornale ha dedicato sinora al mondo del volontariato continuerà anche in futuro». Ma i volontari fanno notizia perché sono sempre presenti sui luoghi della cronaca, sui luoghi del disastro, siano essi gli sbarchi dei clandestini a Otranto, alluvioni o terremoti? «No. Non si tratta di un?attenzione cronachistica, un grande quotidiano non può limitarsi a svolgere il ruolo del reporter quando si è di fronte a temi così importanti e coinvolgenti. Per esempio, abbiamo subito avvertito che il volontariato in Italia, sta correndo un grande rischio: diventare terreno di conquista da parte dei politici perché il mondo della società civile, che mobilita milioni di persone, è considerato un grosso serbatoio di consensi e voti. Se questo avvenisse, per il volontariato sarebbe la fine. Perciò se da una parte i volontari sono per i giornalisti aria fresca da cui attingere notizie, storie, nuovi modi di agire e pensare, è compito del nostro giornale ricordare loro che sono nati sotto il nome del Terzo settore: qualcosa che non è privato, ma neanche (meno che mai) pubblico. E se conserveranno intatta la loro integrità, allora potanno fare molto per cambiare il nostro Paese».


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