Europa
Riarmo vs inclusione: rischio tagli al Fondo sociale europeo per fare spazio al piano di von der Leyen
Sono 226 le organizzazioni che hanno chiesto che lo strumento attraverso cui Bruxelles sostiene occupazione e contrasto alla povertà non venga ridotto nel bilancio di lungo periodo per il 2028-2034. A spingere la Commissione verso questa direzione è soprattutto la necessità di trovare risorse per finanziare il ReArm Europe. Per Marco Gargiulo, presidente di "Idee in rete", «sacrificare tutto sull’altare delle armi sarebbe uno spreco di risorse»

Nel prossimo bilancio di lungo periodo dell’Unione europea potrebbero esserci dei tagli al Fondo sociale europeo – Fse, lo strumento attraverso cui Bruxelles sostiene l’occupazione e contrasta la povertà. Un taglio che potrebbe arrivare soprattutto a causa della necessità di trovare risorse per finanziare il piano di riarmo promosso dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen. A lanciare l’allarme sono 226 organizzazioni continentali e nazionali che chiedono all’Ue di non fare marcia indietro rispetto all’impegno preso nel corso della scorsa legislatura.
Per il periodo 2021-2027, il budget dell’Fse è di 142,7 miliardi di euro. L’obiettivo di chi opera nel campo dell’economia sociale è quello di vedere questa cifra aumentare per il periodo 2028-2034. «Fino a ieri, le politiche europee suggerivano che il Fondo sarebbe stato implementato e integrato, perché si sapeva che quanto messo in campo non era sufficiente», spiega a Vita Marco Gargiulo, presidente del consorzio nazionale Idee in rete. «Tuttavia, era chiaro che la vecchia Commissione, soprattutto per merito del commissario al Lavoro e alle Politiche sociali Nicolas Schmit, aveva posto un pilastro per il sostegno all’economia sociale». Se prima era stato individuato come un settore strategico, ora il vento sta cambiando: «I fondi per l’inclusione rischiano di essere azzerati a causa dei recenti venti geopolitici».
Il perché di un passo indietro dell’Europa
A pesare è soprattutto il piano ReArm Europe lanciato da von der Leyen, per il quale servono 800 miliardi di euro tra prestiti e finanziamenti. «Se tutto deve essere sacrificato sull’altare di questo riarmo disordinato e frettoloso, finalizzato tra l’altro a potenziare gli eserciti dei singoli Stati, allora possiamo dire che è uno scandaloso spreco di risorse», puntualizza Gargiulo. «Anche perché – aggiunge – non stiamo parlando di concetti astratti, ma di qualcosa che riguarda la vita delle persone e delle comunità».
Sono 94 milioni le persone a rischio povertà
Il numero di persone povere o a rischio povertà in tutta Europa, infatti, è in aumento. I dati parlano di 94,6 milioni di individui nel 2023, in leggera crescita rispetto al 2022. A questo va aggiunta la crescente emergenza abitativa che colpisce le principali città d’Europa. Le richieste di aiuto per pagare bollette o affitti o per soddisfare altri bisogni primari sono sempre di più, segnalano le 226 organizzazioni che hanno firmato l’appello. «Sono disparità che rischiano di aumentare ancora se non verranno adottate le adeguate misure di sostegno», commenta Gargiulo.
Oltre al potenziamento dell’Fse, l’appello chiede l’istituzione di fondi per la formazione, strumenti per contrastare la povertà infantile, una maggiora cooperazione tra pubblico e privato e un programma per sviluppare le competenze dei (giovani) lavoratori. «Puntare sull’economia sociale è determinante per rafforzare la competitività complessiva dell’Unione», riflette il presidente di Idee in rete. «Eppure, come rappresentanti del settore abbiamo fatto fatica a far confermare anche nell’attuale Commissione una delega alle politiche sociali». Un sintomo evidente del fatto che il von der Leyen 2.0 si prepara a essere ben diverso dalla prima versione. Una rimodulazione delle priorità, del resto, si era già ravvisata in altri ambiti, dalla transizione energetica alle politiche migratorie.
In questo quadro, l’obiettivo dell’Ue di far uscire dalla povertà almeno 15 milioni di persone, di cui almeno cinque milioni di bambini, entro il 2030 rischia di allontanarsi. «Rimane alla portata ma solo se si potenzia quanto già esiste», chiarisce Gargiulo.

Il panorama italiano
Se a Bruxelles si registra una freddezza rispetto alla riforma in positivo del Fondo sociale, a livello italiano si nota una difficoltà a sfruttare in modo efficace quanto ricevuto dall’Ue. «Nonostante alcuni miglioramenti, l’Italia si conferma sempre come uno dei Paesi meno in grado di usare tutte le risorse ricevute, per colpa a volte delle organizzazioni e a volte delle istituzioni, specie regionali, che spesso non sanno elaborare programmi adeguati. Stiamo vedendo lo stesso col Pnrr», spiega Gargiulo.
Alcuni casi virtuosi, comunque, esistono. Bologna, per esempio, dove lunedì verrà presentato il nuovo Piano per l’economica sociale: «Un lavoro fatto bene, perché segue la logica di tenere insieme tutti gli attori che compartecipano al settore presenti sul territorio», dice ancora Gargiulo.
Una riflessione più ampia sulle opportunità da cogliere e sulle sfide da colpire nel panorama italiano avrà modo di essere fatta a Roma il 13 e il 14 novembre in occasione della seconda edizione di Fattore economia sociale: «Una chiamata – conclude Gargiulo – che è per tutti». Mutue, cooperative, mondo della ricerca e tutti gli altri protagonisti di una filiera da non abbandonare.
In apertura: Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea. (AP Photo/Pascal Bastien) Associated Press/LaPresse
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