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Riaprire un CPR in via Corelli? Scelta «assolutamente sbagliata»

A Milano riaprirà un centro di permanenza per il rimpatrio (CPR) per immigrati irregolari. La rete "Io accolgo": «I CPR sono figli di una visione unicamente autoritaria e securitaria del fenomeno migratorio. Si ripropone un modello fallimentare che necessita essere superato. Negli anni cambiano i nomi, ma la sostanza non muta. È necessario invece che le risorse vengano più utilmente destinate a percorsi di inclusione sociale e lavorativa»

di Redazione

Una scelta «assolutamente sbagliata», «da ripensare». Così la rete milanese di "Io accolgo", composta da numerose realtà e associazioni che da sempre mettono al centro i temi dei diritti e dell'inclusione sociale, giudica la decisione di riaprire in Via Corelli a Milano un centro di permanenza per il rimpatrio (CPR) per immigrati irregolari, ossia per le persone straniere non in possesso di un permesso di soggiorno valido.

«I CPR sono strutture figlie di una visione unicamente autoritaria e securitaria del fenomeno migratorio. Si ripropone un modello fallimentare che necessita essere superato. Negli anni cambiano i nomi, ma la sostanza non muta: prima chiamati CPT, centri di permanenza temporanea, poi CIE, centri di identificazione ed espulsione e poi ancora CPR, centro di permanenza per il rimpatrio, sono di fatto grandi strutture dove possono essere trattenute persone straniere private della libertà, pur non avendo compiuto alcun reato», scrivono le associazioni. Nei CPR ad oggi operativi «le condizioni dei trattenuti sono drammatiche, da un punto di vista igienico, della salute e della sicurezza. Inoltre, le sole procedure di identificazione si sono dimostrate, nel precedente periodo di apertura del centro di via Corelli, inefficaci e costose, con tempi lunghi, trasformando di fatto i CIE unicamente in luoghi di privazione della libertà senza giustificazione effettiva e di violazione dei diritti e della dignità delle persone. Chiediamo quindi che venga ripensata la scelta di aprire via Corelli».

L’alternativa c’è: « Bisogna cambiare l’approccio al fenomeno migratorio uscendo da una falsa concezione allarmistica/emergenziale che dura ormai da decenni, per realizzare una accoglienza vera e consapevole, assolutamente sostenibile dalla nostra economia, capace di produrre stabilità e trasmettere sicurezza sociale non solo ai migranti ma a tutti i cittadini. È necessario che le risorse vengano più utilmente destinate a percorsi di inclusione sociale e lavorativa: apprendimento della lingua italiana, formazione professionale, accesso all’abitazione, al lavoro ed alla socialità. La lotta all’emarginazione e all’esclusione sono gli unici strumenti per garantire sicurezza a tutti. oramai evidente la necessità riformare il testo legislativo in materia di immigrazione, dalla Turco Napolitano, passando per la Bossi Fini, fino ai decreti Minniti e Salvini, prevedendo forme di regolarizzazione di chi è già nel nostro Paese e canali di accesso regolari e sicuri a chi scappi da guerra, persecuzione, disastri ambientali o miseria e voglia costruirsi un futuro migliore nel nostro Paese. Solo in questo modo sarà possibile bloccare quella “macchina di produzione di illegalità” che rende migliaia di persone prive di diritti ed esposti a devianza, lavoro nero e delinquenza. Non lasceremo sole le persone chiuse in queste strutture, a Milano come altrove. Saremo un presidio democratico costante affinché all’interno della struttura vengano garantiti la dignità ed i diritti delle persone trattenute, a partire dalla tutela legale e dal diritto alla salute. L’apertura del CPR di via Corelli non fermerà il nostro impegno».

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