Volontariato

Riappropriamoci della difesa del Paese

di Pasquale Pugliese

La sfida lanciata dal XXIV Congresso nazionale del Movimento Nonviolento

Negli stessi giorni nei quali quelli che qualcuno aveva avventatamente scambiato per i nuovi gandhiani italiani si esercitavano in attacchi violenti e sessisti, sui social network, verso i propri avversari politici in Parlamento e l’Italia annegava sotto le piogge dimostrando ancora una volta tragicamente di essere priva di difese, anche idrogeologiche, si svolgeva a Torino il 24° Congresso del Movimento Nonviolento, un esempio di buona politica partecipativa che ha posto le basi per la Campagna di riappropriazione civile della difesa del Paese. Oltre cento tra rappresentanti di centri territoriali e di associazioni amiche, provenienti da tutta Italia ed anche dall’estero (con una delegazione dalla Svizzera italiana e la partecipazione di Sam Biesemans dal BEOC l’Ufficio europeo per l’obiezione di coscienza), hanno elaborato per tre giorni – dal 31 gennaio al 2 febbraio presso il Centro Studi Sereno Regis – l’impegno per i prossimi anni del Movimento fondato nel 1961 da Aldo Capitini (comunità politica di gran lunga più longeva di qualunque partito oggi presente in Parlamento).

Non a caso, nella relazione introduttiva congiunta della Presidenza e della Segreteria è stato citato un passaggio della relazione di Capitini al primo Congresso, svoltosi a Perugia nel 1966, che vale profeticamente anche per l’Italia di oggi: “La nonviolenza va nel profondo più di quanto si creda. Essa si presenta, oggi in modo culminante, come antitesi ai maggiori mali: la guerra e il folle riarmo, l’assolutismo oppressivo dei governi, lo sfruttamento delle moltitudini povere, la chiusura individualistica egocentrica e disperata. Perciò essa sta alla punta estrema del vecchio mondo più di ogni altro preteso, grossolano e superficiale estremismo; anche perché se altri sa distruggere (che non è poi tanto difficile), la nonviolenza costruisce. Infatti per distruggere occorrono molti strumenti vecchi che la violenza porta con sé; mentre per costruire occorre ciò che la nonviolenza porta con sé: massime aperture, capacità di iniziative e sacrifici, tessitura di rapporti razionalmente giuridici, continuamente integrati dal “di più” che è l’unità viva con la realtà di tutti.”

La serata introduttiva ha visto, tra gli altri, Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Italiana Disarmo e Paolo Bergamaschi, scrittore, funzionario del Parlamento europeo e storico collaboratore di Alex Langer, confrontarsi sulle prospettive di un’Unione Europea che si appresta a celebrare l’anniversario dell’inizio della “grande guerra” e si prepara alle elezioni spendendo, in piena crisi economica e finanziaria, ogni anno, qualcosa come 200 miliardi di euro per 28 eserciti nazionali, avendo trasformato progressivamente il vecchio welfare nel nuovo warfare, senza alcun rigore per le spese militari.  Oggi, l’inversione di tendenza di questa deriva riarmista è la condizione imprescindibile per ogni alternativa politica e sociale credibile, anzi l’unico vero argine al dilagare dei populismi nazionalisti. Anche a partire da questo orizzonte, nelle giornate successive si è entrati nel vivo delle elaborazioni che hanno posto al centro la ridefinizione dei concetti di minaccia, sicurezza e difesa.

Mentre il nostro Paese è ultimo in Europa per le spese per la cultura, penultimo per le spese per l’istruzione, ultimo per le politiche sociali, la disoccupazione giovanile e via degradando – ossia in una condizione indifesa difronte alle minacce concrete dell’analfabetismo, della precarietà, della povertà, del dissesto idrogeologico, del rischio sismico e così via – è tornato ad essere tra le prime quattro potenze dell’UE e tra le prime dieci al mondo per spesa pubblica militare. E’ dunque urgente operare un ripensamento di fondo sul senso stesso della difesa e della politiche di sicurezza. “Da chi o da quali minacce la comunità italiana ha davvero bisogno di difesa?” si sono chiesti gli eredi di Aldo Capitini, “si tratta di questioni che riguardano l’essenza stessa della democrazia”. Mentre sarebbe necessaria una politica attiva di disarmo, non solo come valore in sé, ma anche come questione centrale delle politiche pubbliche, per liberare risorse da redistribuire a vantaggio dei diritti sociali e civili garantiti dalla Costituzione (che invece ripudia la guerra e dunque la sua preparazione) – scrivono nella relazione introduttiva – “il complesso miliare-industriale internazionale orienta le scelte dei governi. In Italia i suoi veti condizionano la prassi democratica e controllano i voti parlamentari, fino a portare i partiti a contraddire le affermazioni fatte in campagna elettorale, rendendo intangibile la spesa per gli armamenti, come accaduto per la vicenda dei caccia-F35”.

Dopo un confronto serrato e partecipato nelle commissioni tematiche il Movimento Nonviolento ha infine elaborato ed approvato – insieme alla rielezione del presidente Mao Valpiana e dei nuovi organismi nazionali – la mozione politica generale che impegnerà i suoi “centri territoriali” e il suo “gruppo dirigente” nei prossimi anni. Al centro è stata posta la Campagna Disarmo e Difesa civile 2014 – che sarà lanciata dall’Arena pace e disarmo di Verona del prossimo 25 aprile – che vuole offrire a tutti i cittadini la possibilità di scegliere, attraverso una legge di iniziativa popolare, se finanziare la difesa armata, con il suo pesante fardello di spese militari, o quella civile, con al centro il diritto di tutti i giovani a svolgere il Servizio Civile Nazionale e la costituzione dei Corpi Civili di Pace. Una Campagna con un forte impatto comunicativo in grado di far comprendere ai cittadini, ormai impoveriti, che “difesa” è soprattutto quella dei diritti costituzionali, la cui graduale erosione è la vera e grande minaccia di questa epoca. Insomma una vera riappropriazione civile della difesa e delle sue risorse.

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