Welfare

Riace, il sindaco: «Qui rischiamo un’altra Rosarno»

C'era una volta il modello d'accoglienza che il mondo invidiava all'Italia. "Da un anno non riceviamo i fondi statali, bloccati in Regione Calabria: ai bambini manca il latte, i negozianti sono in rosso", denuncia Domenico Lucano, da tre giorni in sciopero della fame

di Daniele Biella

“Ieri un gruppo di migranti ospitati nel nostro borgo mi ha aggredito per strada. Non era mai successo, è segno che la situazione è insostenibile per tutti, anche per questo intendo continuare a oltranza il mio sciopero della fame: è un anno che dallo Stato non arriva quanto pattuito, il sistema è al collasso”. Domenico Lucano, combattivo sindaco di Riace, paesino delle Locride da anni modello di integrazione e accoglienza (nel 2012 il regista Wim Wenders vi ha voluto girare un cortometraggio, ‘Il volo’), è in preda a un insieme di delusione e rabbia: era il 1998 quando ha cominciato a inserire i profughi in paese con il progetto Sprarr (Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati), diventando poi primo cittadino grazie all’efficacia di questa sua scelta agli occhi del migliaio di compaesani. Per questo ha deciso di cominciare uno sciopero della fame. Un gesto che ha subito conquistato la solidarietà del mondo politico e sociale. Alcuni sindaci della Locride, tra cui Rosario Rocca, di Benestare; l'ex sindaco di Caulonia, Ilario Ammendolia e l'ex sindaco di Rosarno, Peppe Lavorato si sono messi infatti a digiuno. “Non sempre è stato facile, ma mai si era arrivati alla situazione attuale”, denuncia Lucano a Vita.it.

Sindaco, perché ha iniziato lo sciopero della fame?
Il mio paese, Riace, è in preda allo sconforto generale, perché fonda il proprio rilancio economico e sociale proprio sul progetto di accoglienza: mancando i fondi, manca tutto. Nel borgo ci sono 200 migranti, tra cui decine di bambini, che ricevono da noi una cartamoneta locale, in quanto non possono maneggiare soldi veri mentre sono in attesa del permesso umanitario: ebbene, essendo i pagamenti delle rette dell’accoglienza dei richiedenti asilo in ritardo di ben 12 mesi, i negozianti hanno smesso di accettare la nostra moneta, perché sono anche loro in crisi economica, e i fornitori non fanno più credito. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: sono quattro giorni che i bambini stranieri non hanno più il latte a disposizione, e bevono solo acqua. Ancora, non si può più pagare l’elettricità per i frigo, con questo caldo è proibitivo non avere il fresco. Ma sono solo due esempi per capire la drammaticità della situazione.

Di chi è la responsabilità del mancato pagamento?
Della Regione Calabria. I fondi sono stati versati dallo Stato, ma sono fermi lì. Non so precisamente perché ciò accade, immagino per la solita corruzione che attanaglia le nostre istituzioni locali, vedasi il modello di gestione clientelare del Comune di Reggio Calabria, spesso coinvolto in inchieste giudiziarie. Evidentemente le carte non sono in regola, basta vedere come in molti casi i migranti siano finiti in hotel riaperti proprio per ospitarli dopo essere stati chiusi e dichiarati inagibili.

Solo a Riace la  situazione è così difficile?
No. A Riace accade lo stesso di quello che avviene in molti altri Comuni o enti affidatari dei richiedenti asilo in tutta la Calabria, ma qui si nota di più per via dell’alto numero di presenze. Siamo davvero allo stremo, stanno giocando sulla pelle dei migranti e sulla nostra. È pesante sentirsi tra due fuochi: gli stranieri mi danno la colpa di quanto sta succedendo, vedono altre regioni in cui tutto funziona bene e non capiscono che la responsabilità non è mia o dell’associazione Città Futura don Puglisi, che gestisce la loro permanenza, ma di qualcun altro.

Cosa si aspetta dalla sua azione diretta?
Risposte. E che i soldi arrivino. Mi rivolgo in primis alla Protezione civile regionale, con cui noi abbiamo a che fare direttamente. Finora, nessuno mi ha contattato. Non si rendono conto che hanno tra le mani un’altra potenziale Rosarno (paese calabro dove nel 2010, dopo la morte di alcuni lavoratori stranieri, si scatenò prima la rivolta dei migranti, poi quella della popolazione locale, ndr). Tra l’altro, proprio il sindaco di questo paese, Peppino Lavorato, è uno dei primi, fra i tanti, che mi ha chiamato per esprimere solidarietà verso il  mio sciopero della fame.


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