Cultura

Revelli: quello di Desigual è marketing terminale

Lo storico e sociologo italiano Marco Revelli commenta la campagna virale del marchio di abbigliamento, pensata per la festa della mamma, in cui una ragazza buca dei preservativi mentre il l'hashtag-claim recita #tudecides (decidi tu). «Siamo ad un passo dall'apocalisse culturale. Non credo sia reversibile»

di Lorenzo Alvaro

Quello in copertina è uno spot che ha fatto un successo clamoroso. È stato ripreso da i principali media europei e ha sbancato con un fiume di like e condivisioni i social network. Insomma n vero e proprio caso mediatico. Le immagini ritraggono una ragazza che prova dei vestiti della Desigual, il marchio che ha proposto la pubblicità, davanti ad uno specchio. Oltre a provare i vestiti gioca con un cuscino a vedere come sta incinta. A questo punto, dopo la scritta che riporta un hashtag pensato per i social network che recita #tudecides (decidi tu) e augurato “Feliz dìa della madre” (Buona festa della mamma) la ragazza davanti allo specchio estrare dei preservativi e comincia a bucarli soddisfatta con uno spilla. Si sfuma al nero e appare il claim ufficiale del marchio: “La vida es chula!” (la vita è beffarda, leggera).

Per approfondire come si possa arrivare ad un uso così disinvolto dell'intimità, della maternità e della vita a fini pubblicitari abbiamo parlato con Marco Revelli, storico e sociologo italiano
 

Marco Revelli

Parliamo dell'ormai celebre spot di Desigual. Che tipo di marketing è?
È un marketing terminale che avendo esaurito buona parte delle proprie capacità di penetrazione nelle menti si sta sforzando di superare ogni limite pur di ottenere quel differenziale che nasce dalla capacità di stupire. Io considero ormai tossica di per sé stessa questa colonizzazione delle menti che è avvenuta con questa crescente pervasività del marketing. Che sta non solo colonizzando i luoghi della vita ma sta mettendo in gioco addirittura i simboli della vita stessa. Con un'operazione che sembrerebbe essere di dissacrazione liberatoria perché si maschera attraverso una sorta di libertinismo da ventunesimo secolo che mima la liberazione dalle logiche dell'oppressione ecclesiastica. In realtà opera una totale banalizzazione

E sembra ci stia riuscendo a guardare il successo che ha avuto…
Ma per forza. È inevitabile che la leva dello stupore abbia una capacità di penetrazione e che lasci dietro di sé cenere. Lascia dietro di sé la banalizzazione del mondo. Mondo ridotto a merce, a market. È un'operazione bio-politica totalitaria se vogliamo usare termini esoterici e filosofici. È una mercificazione di tutti gli aspetti, anche i più intimi, del vitale. Qui addirittura compaiono tutti insieme. Tutto ciò che sembrava inviolabile e in qualche misura non spendibile nella sfera pubblica, consegnato alla dimensione dell'intimità, viene violentemente esibito, proiettato nella dimensione della pubblicità. Diventa addirittura medium, veicolo pubblicitario. E con un'operazione che esprime una forma estrema di nichilismo.

Come ci possiamo proteggere?
Io ho l'impressione che questa logica del marketing guiderà anche l'informazione e la politica, che sono i luoghi dove si potrebbero generare anticorpi, ma che sono stati invece completamente violati e assorbiti. Finché questo avverrà siamo del tutto indifesi

Non c'è scampo dunque?
È possibile, anzi probabile, che imploda per mancanza di materie prime, di materiale simbolico da mettere a lavoro  

Perchè, manca ancora qualcosa?
Qui si è messo al lavoro la simbologia della vita, fina a quella radice che è la maternità Potrebbero mettere al lavoro la morte. Proporre la morte in diretta per fare audience. Sarebbe un ulteriore passo. Dopodiché l'apocalisse culturale sarà compiuta
 


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