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Revelli: «Don Gallo? Se n’è andato un uomo giusto»

Marco Revelli ricorda il suo amico Don Andrea, prete militante genovese mancato oggi all'età di 84 anni. Il sacerdote si è spento nella sua Comunità di San Benedetto al Porto

di Lorenzo Alvaro

È morto don Andrea Gallo.  Si è spento a 84 anni nella sua comunità di San Benedetto al Porto di Genova. Per ricordarlo Vita.it ha intervistato il sociologo Marco Revelli, amico storico del don dei carrugi genovesi.

Revelli, la chiamo perchè è mancato Don Gallo…
È morto Don gallo? Che notizia terribile…

Si. Mi spiace darle io la notizia, volevo farle qualche domanda, posso?
È così forte il dolore che è persino difficile parlarne. È difficile pensare che Don Gallo non ci sia più…

Cosa le mancherà di lui?
La sua voce chiara, limpida. Ci avrebbe potuto accompagnare e aiutare.

Un'amicizia di vecchia data la vostra?
L'ho conosciuto tantissimo tempo fa, tramite mio padre (ndr. Nuto Revelli). Andava spesso nelle comunità di Don Andrea. Quando l'invito veniva da Don Gallo non si poteva mancare. Veniva spesso anche qui a  Cuneo per via del suo legame con il mondo della resistenza. Poi è nato il nostro rapporto personale. Con lui e i suoi ragazzi. Sono andato spesso a Genova in quel porto sicuro che era la sua comunità, dove si era certi che chiunque avesse bisogno avrebbe trovato accoglienza e il suo sguardo. Uno sgurado di una bontà assoluta.

Come lo ricorda?
Se devo ricordarlo penso alla sua bontà e al suo senso di giustizia. Innato e istintivo. Da uomo

Le viene in mente qualche episodio in particolare?
Ci incotrammo una volta ad Alessandria. Era venuto in una delle tante assemblee per un qualche diritto negato. Forse sui rom o un sidnaco leghista fece quell'orribile ordinanza che discriminava i figli dei migranti. Ci incontrammo e lui mi disse che portava sempre nel cuore la luce della lantera di Genova che gli ricordava quelli che avevano fatto la resistenza. Me lo disse per dirmi di salutare mio padre. Mi colpì molto questo suo riferimento topografico. Riusciva sempre a coniugare l'indignazione per le ingiustizie presenti e il ricordo della storia insieme alle ragioni della sua vocazione, ben radicate nella terra. E poi ricordo quella volta del 2011…

Ce la racconta?
Era il decennale dei fatti del Bolzaneto e della Diaz. Era l'unico che sapeva parlare ai ragazzi e farsi ascoltarere. Perchè lo sentivano giusto. Era un giusto con la “G” maiuscola.

Nell'immagine di copertina Don Andrea Gallo a Milano in occasione di una manifestazione della Fiom


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