Politica & assistenza
Rette per i malati di Alzheimer, appello delle Rsa non profit
Uneba, il più grande raggruppamento delle comunità sociosanitarie di Terzo settore chiede alla politica una risposta chiara e definitiva, in merito alla titolarità degli oneri relativi ai costi di degenza per l’assistenza alle persone con questa malattia invalidante. Il presidente lombardo Luca Degani: «Il tema del pagamento della retta alberghiera o quota sociale nelle Rsa rischia di diventare una sfida generazionale»
Un grande nodo irrisolto. È quello che resta nel settore dell’assistenza agli anziani non autosufficienti e che mette in difficoltà tanto le persone fragili e le loro famiglie, quanto gli enti sociosanitari che offrono loro assistenza. È la questione della titolarità della retta da pagare alle Rsa che accolgono malati di Alzheimer: è interamente a carico della regione, o la persona assistita e la sua famiglia ne devono pagare una parte?
Uneba, associazione di categoria degli enti non profit di radici cristiane dediti alla fragilità, chiede una nuova norma che dia una risposta chiara e definitiva. Sono centinaia le strutture Uneba, a partire dalle Rsa, che accolgono malati di Alzheimer.
«In forza della nostra esperienza, rilanciamo la richiesta di chiarezza sulla titolarità degli oneri relativi ai costi di degenza per l’assistenza ai malati di Alzheimer, in modo da ridurre i disagi che questa situazione sta portando», dice il presidente di Uneba Franco Massi.
L’appello alla politica
L’associazione ha inviato sul tema un appello a ministri del Governo, a presidenti e assessori delle regioni, e ai gruppi parlamentari, rinnovando la richiesta espressa a maggio 2024, che già aveva portato a primi riscontri. «Nei mesi scorsi abbiamo incontrato e sottoposto il problema a parlamentari di Forza Italia, Lega, Partito Democratico e Fratelli d’Italia, e ringraziamo per l’attenzione. Ora chiediamo a tutte le forze politiche un passo deciso in più, per arrivare alla soluzione», afferma Massi.
Alcune sentenze hanno recentemente sancito la gratuità per il cittadino malato di Alzheimer dell’assistenza ricevuta in Rsa, ma al contempo non è definito il pagamento dell’assistenza alle Rsa da parte del Sistema Sanitario. E la giurisprudenza, peraltro, non ha avuto negli anni un orientamento univoco sul tema della titolarità della retta, come evidenziano studi rilanciati anche da Uneba.
«Questa situazione è di grave danno per le strutture sociosanitarie», prosegue Massi. «Da un lato perché non hanno certezze su chi corrisponderà la retta. Dall’altro perché questa situazione finisce col mettere le famiglie degli utenti, che sostengono che la spesa per l’assistenza del loro caro debba essere a carico del Sistema sanitario nazionale, contro le strutture ingiustamente accusate di richiedere un pagamento non dovuto. Con esiti che possono arrivare alla strumentalizzazione di questa complessa e delicata questione».
«Un tema che rischia di diventare una sfida generazionale»
«Il tema del pagamento della retta alberghiera o quota sociale nelle Rsa rischia di diventare una sfida generazionale». A parlare è Luca Degani, presidente di Uneba Lombardia. «Pensare che una patologia degenerativa cronica determini la totale gratuità del ricovero nell’ultimo periodo della vita rischia di “far saltare” il Sistema sanitario nazionale».
300mila posti letto (servirebbero il doppio)
«Noi abbiamo in Italia 300mila posti letto, il confronto europeo e gli stessi indici programmatori nazionali ne riterrebbero necessari 600mila», continua Degani. «Sono destinati a ultra ottantacinquenni con tre o più patologie, solo successivamente ad anni di servizi a domicilio e diurni, quando il domicilio diviene inappropriato».
Il costo di un anno di ricovero per la quota sociale «è, ipotizzando 80 euro di retta, di circa 30mila euro, traslandoli quali costi sanitari diverrebbero 10 miliardi per i posti letto attuali e 20 per quelli ritenuti necessari. Vorrebbe dire», prosegue, «sconvolgere il fondo sanitario nazionale in termini di sostenibilità della spesa farmaceutica e ospedaliera. In un periodo di inverno demografico rischia di essere la “guerra generazionale“».
La foto in apertura è di LaPresse.
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