Economia

#RestartItalia, così le micro e medie imprese hanno risposto alla crisi globale

La ricerca ci dice che il 31% delle realtà coinvolte ha mantenuto solo alcune o parte delle linee produttive abituali, il 16% ha pensato di riconvertire la produzione dei propri prodotti o servizi mentre un 27% ha dovuto chiudere l’attività: Ma racconta di tante esperienze che hanno scoperto il valore sociale del fare impresa

di Rossana Cavallari

Wwworkers.it è la community, fondata nel 2010 da Giampaolo Colletti, che riunisce artigiani, contadini e piccoli imprenditori che, già da molto tempo prima dell’emergenza Covid -19, hanno cambiato il loro approccio al lavoro utilizzando, nel modo migliore possibile, la rete e gli strumenti digitali. Persone che animano il tessuto sociale ed economico del paese e che, anche in questa situazione particolare, ancora una volta hanno dimostrato di avere resilienza e capacità di adattamento. Se qualche anno fa il cambiamento era stato la leva necessaria per non perdere alcune delle professioni che in Italia rischiavano di scomparire oggi, alla luce di questo inaspettato momento, il cambiamento è stato a dir poco necessario in funzione di una ripresa che si prevede essere più lunga di quello che si può pensare.

A parlare sono i dati raccolti dalla ricerca #RestartItalia che ha coinvolto oltre 400 realtà professionali. Micro e medie imprese che indicano quella che è stata la risposta dei micro brand all’emergenza globale. Dalla ricerca emergono chiaramente le difficoltà e le pluralità delle soluzioni attuate tanto che il 31% delle realtà coinvolte ha mantenuto solo alcune o parte delle linee produttive abituali, il 16% ha pensato di riconvertire la produzione dei propri prodotti o servizi mentre un 27% ha dovuto chiudere l’attività a seguito delle restrizioni normative e delle conseguenze che queste hanno avuto sull’attività stessa.

Ma nonostante questo e nonostante il momento particolarmente complesso tra le storie di micro imprenditorialità a lasciare un segno importante è il valore sociale che, oggi più che mai, si è riscoperto. Ecco, allora, che a Roma, nel quartiere Monteverde, tre ragazzi hanno supportato il commercio di prossimità attraverso Daje Shop una sorta di Amazon locale pensato per incentivare l’economia di zona mentre dalla Calabria Stefano Caccavarri attraverso la sua Mulinum ha risposto alle numerose richieste di farina inviando tutto senza spese di spedizione e omaggiando le persone con una confezione di lievito madre. Oppure Progetto Quid, realtà a forte vocazione sociale impegnata nella creazione di abiti ideati coinvolgendo l’85% di personale femminile di cui circa il 60% proveniente da contesti di fragilità che ha saputo riconvertire la produzione sostenendo il cambiamento anche grazie agli investimenti fatti in passato per sviluppare il proprio e-commerce e poi, ancora, Sfera Agricola che ha donato i pomodori raccolti a chi aveva bisogno e Apartaments To Art che ha reso disponibili appartamenti per medici e infermieri. Piccoli e grandi gesti, piccoli e grandi sforzi che hanno permesso a queste realtà non solo di resistere ma di farlo dando aiuto, supporto e sostegno a chi ne aveva più bisogno. Una nuova forma di economia quindi che, se fino a qualche tempo fa, sembrava solo visione o teoria in questo momento ha saputo diventare realtà virtuosa e propositiva.

Una ricerca questa che ricorda quanto sia forte la vocazione sociale delle persone nel nostro paese, una vocazione che in queste settimane si è fatta sentire con forza dimostrando quanto sia importante provare a cambiare i propri schemi e i propri modelli per riuscire a superare i momenti di crisi e di difficoltà. Da tempo si dice che la vocazione sociale, anche delle imprese, può diventare un forte valore aggiunto, #RestartItalia dimostra quanto ciò sia stato fondamentale in queste settimane e quanto, ancora, potrà esserlo in futuro dando vita a nuovi modelli di sviluppo economico e sostenibile al centro dei quali porre davvero le comunità e le persone.

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