Sostenibilità

Responsabilità d’impresa e multinazionali: Svizzera divisa, ma il dado è tratto

Si è svolto ieri in Svizzera il referendum per rendere responsabili anche fuori dai confini elvetici le multinazionali con sede nella Confederazione. Dopo due anni di campagna e mobilitazione civica, che ha visto protagonista la società civile, il voto popolare si esprime per il sì, quello dei cantoni per il no. Ma la partita è tutt'altro che chiusa

di Marco Dotti

La Svizzera dice no e dice sì. Il referendum sulla responsabilità d’impresa per i reati ambientali, che si è tenuto ieri non ha ottenuto la maggioranza dei Cantoni, pur ottenendo quella popolare. La doppia maggioranza era necessaria, trattandosi di modifiche costituzionali.

Il 29 novembre i cittadini si sono espressi sull'iniziativa popolare «Per imprese responsabili – a tutela dell’essere umano e dell’ambiente», dopo una campagna di lungo periodo promossa dall’associazionismo civico, durata oltre due anni.

Presentata nell'ottobre 2016 e veicolata da 450 comitati referendari territoriali l’iniziativa è stata sostenuta da 130 organizzazioni non governative, dai sindacati, dalle chiese e dai partiti di centro-sinistra.

La partecipazione registrata è del 47% degli aventi diritto al voto. La maggioranza del 50,7% (1, 229 milioni) dei votanti ha risposto affermativamente alla richiesta di modifica della Costituzione Federale, in base a questo quesito:

«La Costituzione federale1 è modificata come segue:

Art. 101a Responsabilità delle imprese

La Confederazione prende provvedimenti per rafforzare il rispetto dei diritti umani e dell’ambiente da parte dell’economia.

La legge disciplina gli obblighi delle imprese che hanno la loro sede statutaria, l’amministrazione centrale o il centro d’attività principale in Svizzera secondo i seguenti principi:

a. le imprese sono tenute a rispettare anche all’estero i diritti umani riconosciuti a livello internazionale e le norme ambientali internazionali; esse devono provvedere affinché tali diritti e tali norme siano rispettati anche dalle imprese da esse controllate; i rapporti effettivi determinano se un’impresa ne controlla un’altra; il controllo può risultare di fatto anche dall’esercizio di un potere economico;

b. le imprese sono tenute a usare la dovuta diligenza; in particolare, devono individuare le ripercussioni effettive e potenziali sui diritti umani riconosciuti a livello internazionale e sull’ambiente, adottare misure idonee a prevenire le violazioni dei diritti umani riconosciuti a livello internazionale e delle norme ambientali internazionali, porre fine alle violazioni esistenti e rendere conto delle misure adottate; questi obblighi si applicano alle imprese controllate e a tutte le relazioni d’affari; la portata della dovuta diligenza dipende dai rischi in materia di diritti umani e di ambiente; nel disciplinare l’obbligo della dovuta diligenza, il legislatore tiene conto delle esigenze delle piccole e medie imprese che presentano rischi limitati in tali ambiti;

c. le imprese rispondono anche del danno che le imprese da esse controllate cagionano nell’esercizio delle loro incombenze d’affari, violando diritti umani riconosciuti a livello internazionale o norme ambientali internazionali; non ne rispondono secondo la presente disposizione se dimostrano di aver usato tutta la diligenza richiesta secondo la lettera b per prevenire il danno o che il danno si sarebbe verificato anche usando tale diligenza;

d. le disposizioni emanate in virtù dei principi sanciti alle lettere a–c si applicano indipendentemente dal diritto richiamato dal diritto internazionale privato».

Sul piano federale, otto cantoni e un semi-cantone su ventisei hanno approvato la proposta, che di conseguenza è stata bocciata. Il sì ha prevalso nei cantoni della Svizzera francese (con l'eccezione del Vallese bilingue), a Berna, Zurigo, Basilea Città e in Ticino, mentre la maggioranza cantoni della Svizzera tedesca si è invece schierata in modo compatto contro l'iniziativa.

Sul piano popolare, il sì è stato particolarmente forte nelle città. L'ultima volta che un'iniziativa popolare ha ottenuto la maggioranza dei voti popolari ma è stata respinta dalla maggioranza dei cantoni, ricorda Andrea Tognina su Swissinfo, è stato nel 1955.

Si trattava, allora, di approvare provvedimenti per la protezione dei consumatori e degli inquilini.

L’iniziativa, condotta a colpi di dossier (qui sopra un documentario prodotto dal Comitato promotore), che ha segnato il solitamente placido panorama politico svizzero, puntava a rendere responsabili anche all’estero, per danni all’ambiente e all’uomo, le multinazionali con sede nella Confederazione. Ora si sposterà su altri livelli.

Mentre il Parlamento sta per far partire un proprio contro-progetto, più blando, di responsabilità d’impresa, sono in molti a pensare che la Svizzera, presto o tardi, sarà costretta a legiferare sulle proprie multinazionali in tema di ambiente e rispetto della persona umana.

L’ex consigliere agli Stati ticinese Dick Marty, co-presidente del comitato dell’iniziativa “Per imprese responsabili”, durante la riunione conclusiva del comitato, riferendosi all’attuale pandemia ha commentato: «Quando si ha paura, istintivamente ci si aggrappa a quello che si ha e non si vogliono provare cose nuove, ma se la vittoria non arriverà oggi, arriverà sicuramente domani».

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