Il femminile di Repubblica, D, ha pubblicato il 14 maggio un articolo di Mahnaz Bassam, la nostra operatrice irachena rapita a Bagdad nel settembre scorso insieme a Raad Ali, Simona Pari e Simona Torretta. La testimonianza, dal titolo Doppio incubo per il terzo ostaggio è raccolta e così commentata da Francesca Caferri: «In queste pagine presentiamo il primo racconto dettagliato che Mahnaz fa del suo rapimento e dei mesi successivi. Nel diario, lei ha voluto includere quello che chiama ?il mio secondo incubo?: tutto ciò che le è accaduto da quando è arrivata in Italia e i riflettori della stampa si sono spenti». Per secondo incubo Mahnaz intende l?essersi sentita abbandonata da parte di Intersos durante la sua permanenza in Italia.
Le cose sono ben diverse, e sarebbe bastato che la Caferri seguisse uno dei principi fondamentali del codice etico dei giornalisti per accorgersene: verificare sempre la notizia. Non sono risentito verso Mahnaz, ragazza un po? capricciosa ed egocentrica ma sicuramente provata dalla terribile esperienza, che ha e continuerà ad avere il mio affetto. Sono risentito e colpito dalla giornalista Caferri che ha raccolto la testimonianza, godendo meschinamente di un presunto scoop. Che poca professionalità e che poca serietà.
Abbiamo inviato una lettera alla direttrice di D, in cui spieghiamo come e quanto Mahnaz sia stata accolta, seguita e aiutata, con attenzione e pazienza, finché ce n?è rimasta, ovviamente, di pazienza. Così come siamo stati vicini alla sua famiglia nei giorni del sequestro, visitandola a Bagdad e cercando una via per il contatto con i rapitori. Sono cose che manifestiamo controvoglia, perché non amiamo elogiarci né celebrarci. È la constatazione – riconfermata dalla Caferri – del declino della professionalità e dell?etica di una certa parte del giornalismo italiano. La notizia non è più la realtà riportata e poi liberamente interpretata, ma quella che fa, deve fare, necessariamente scandalo, che fa e deve fare scoop, non importa se inventata o costruita ad arte. Forse è anche così che si fa carriera.
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