Mondo

Repubblica Democratica del Congo: il miraggio della Pace

di Giulio Albanese

La Pace nel settore orientale della Repubblica Democratica del Congo (Rdc) continua a rimanere un miraggio. Uno scenario, questo, davvero frustrante! Nonostante gli altisonanti proclami delle cancellerie di mezzo mondo, i negoziati tra il governo di Kinshasa e il Movimento 23 marzo (M23), un gruppo armato attivo nella regione, stanno attraversando una peccaminosa fase di stallo. D’altronde, sono in molti a pensare che sia utopistico pretendere di discutere con un gruppo armato, l’M23, appoggiato militarmente e diplomaticamente dal Rwanda e dall’Uganda, il cui unico e vero obiettivo è quello di mantenere il controllo militare, politico e economico del settore orientale dell’ex Zaire. Il rischio, inutile nasconderselo, è che ci si avvii gradualmente ad una spartizione, di fatto, della Rdc. Molto dipenderà dall’imminente dispiegamento di una brigata militare speciale della Missione dell’Onu nella Rdc (Monusco) che potrebbe contribuire a disarmare i diversi gruppi armati, tra cui, in primis, l’M23. Sul piano politico-amministrativo è certamente indispensabile rafforzare l’unità nazionale per contrastare qualsiasi iniziativa capace di compromettere la sovranità nazionale e l’integrità territoriale del Paese. A questo proposito, un ruolo strategico, potrebbe essere ricoperto dalla nuova Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (Ceni) che, dovendo proseguire il processo elettorale mediante l’indizione delle elezioni provinciali e municipali, potrebbe contribuire al rafforzamento della democrazia, isolando quelle forze sovversive che alimentano la conflittualità. Lungi da ogni disfattismo, fin quando vi saranno divisioni all’interno della società congolese e in particolare delle forze politiche in campo, l’intero settore orientale dell’ex Zaire continuerà ad essere un campo di battaglia. La mancanza di un serio dialogo tra maggioranza e opposizione, elite politica e società civile, in cui si possano affrontare i problemi fondamentali del Paese, rappresenta la vera “vexata et tormentata quaestio”. Basti pensare al fatto che le opposizioni al governo di Kinshasa continuano a contestare l’illegittimità delle attuali istituzioni statuali (Presidenza e Camera dei Deputati) sorte da elezioni, quelle del 28 novembre 2011, caratterizzate da numerose irregolarità e scandalosi brogli elettorali. Fin quando il presidente congolese Joseph Kabila e i suoi sostenitori non avranno il coraggio di accettare e rispettare le regole in materia elettorale, l’agognata coesione nazionale, contro le ingerenze straniere, rimarrà un sogno nel cassetto. Una cosa è certa: non bisogna perdere tempo perché a pagare il prezzo della crisi congolese, come al solito, è la povera gente.

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