Cultura

Report: botta e risposta tra Gabanelli e giornalisti sociali

Sul numero di Vita in edicola da venerdì 1 novembre al caso Report saranno dedicate due pagine, con un botta e risposta tra il vescovo Mons. Biguzzi e Milena Gabanelli

di Riccardo Bonacina

Carissima Milena,
da diversi anni proviamo a raccontare la cooperazione internazionale e l’
impegno dei volontari italiani nei Paesi del Sud del mondo, e spesso siamo stati anche molto critici. Ovviamente attendevamo con ansia la puntata di Report sulla cooperazione, non solo perché ce ne occupiamo, ma anche perché, come spesso abbiamo scritto sui nostri giornali, il vostro lavoro è apprezzabile.
Perciò, siamo rimasti molto delusi dalla puntata dello scorso 22 ottobre. La trasmissione, come troppo spesso accade, selezionava in modo accurato solo una parte della verità, non faceva delle distinzioni, non approfondiva, diffondeva addirittura notizie false, dando così un’informazione fuorviante sul mondo della cooperazione, che rischia di vanificare in 50 minuti il faticoso lavoro di tanta gente e di tanti anni. Sai quanti messaggi abbiamo ricevuto da gente che ora sostiene “Avete visto la solidarietà?”; “Adesso non darò più neanche un centesimo”.
Era questo che volevate?
Nella trasmissione si mettevano insieme grandi agenzie dell’Onu e quattro ong di emergenza (scelte ovviamente tra le più mediatiche) senza far apparire per nulla tutto “l’altro mondo della cooperazione”, quella che non è affatto mediatico, ma lavora per progetti sperimentali, con la gente.
Realtà nominata tra le righe della trasmissione in due frasi, che restano
inghiottite da tutto il resto.
Perché non far parlare anche qualcuno delle numerose ong con volontari che continuano a prendere 700 euro al mese, oppure intervistare le realtà locali che lavorano con i cooperanti? Perché non visitare anche i progetti che con bassissimi investimenti ottengono notevoli risultati? Noi ne conosciamo molti e siamo a tua disposizione. Ad esempio nel Burundi dilaniato dalla guerra civile c’è un ong italiana che è rimasta nel paese, nonostante i rischi, e non ha voluto mettersi a fare emergenza, perdendo miliardi di finanziamento che gli erano stati proposti, ma ha continuato a fare autopromozione con i contadini locali, creando attorno all’attività agricola una federazione di 5000 contadini hutu e tutsi insieme, autosufficienza alimentare per 25 mila persone, il tutto con un investimento di 100 mila euro all’anno in un paese in guerra. Oggi è anche diventato argomento di studio di una commissione dell’Onu che intende riproporlo altrove.
Certo gli scandali, seppur montati ad hoc, fanno sempre più audience. E
anche voi avrete festeggiato i vostri duemilioni seicentomila spettatori.
Ci sono ong che fanno elaborazione politica, anche insieme alle popolazioni locali. Pensiamo a un progetto in Perù che con poche migliaia di euro ha permesso a centinaia di indios di avere la carta d’identità e quindi finalmente di votare. Altri studiano come cercare di contrastare i meccanismi dell’ingiustizia facendo molte iniziative anche qui in Italia.
Esempi, moltissimi, che non arrivano mai all’onore della cronaca. E, guarda caso, vedono sempre più ridotti i loro fondi.
Abbiamo sempre pensato che un’informazione corretta è un’informazione che mostra i diversi aspetti di una realtà, luci e ombre, e crea dibattito.
Altrimenti non è più informazione, è ideologia, la sua propaganda.
Per questo ti chiediamo una seconda puntata sulla cooperazione, che illustri in modo più serio i diversi aspetti e parli anche della cooperazione
popolare, fatta dalla gente, dai volontari sconosciuti.
Di questa cooperazione noi ci occupiamo tutti i giorni, e possiamo
segnalarti molti casi diversi, alcuni funzionano, altri sono dei fallimenti.
Analizzateli ed eventualmente criticateli, come la deontologia professionale prevede.
Ma date loro, una volta tanto, diritto di esistere. Anche questa è deontologia professionale.

Silvia Pochettino, direttrice Volontari per lo Sviluppo
Riccardo Bonacina, direttore editoriale Vita
Gerolamo Fazzini condirettore Mondo e Missione
Giulio Albanese direttore dell’agenzia Misna
Ivano Liberati giornalista Gr Radio Rai
Umberto di Maria, giornalista di Redattore Sociale
Angelo Ferrari, giornalista dell’Agenzia giornalistica Italia
Gabriella Meroni, giornalista di Vita
Gabriella Saba, giornalista free lance, esperta di cooperazione

Risponde la Gabanelli
Permettetemi di rivolgerVi una domanda: “E’ accettabile che Rai 3, che in piu’ occasioni ha dedicato intere serie al lavoro delle organizzazioni umanitarie nel mondo (Cera una volta – Drug Stories – in replica su rai educational proprio in questi giorni), facendo anche raccolta fondi, dedichi una puntata alle contraddizioni del sistema “emergenze”? Puo’ un paese intellettualmente libero esprimere una critica?
In merito alle falsità cui Voi fate riferimento, siamo costretti a rigettarle.
Le trenta ora di girato sono state ridotte a 50 minuti di messa in onda.
Ogni parola detta era supportata da evidenze. Inoltre e’ stata fatta un
pesante lavoro di autocensura,proprio per ridurre al minimo il rischio cui Voi accennate. Detto questo ben vengano le critiche, aiutano sempre a migliorare. Aggiungo: la mia personale ammirazione per coloro che agiscono in trasparenza.
Per quel che riguarda il ritorno sull’argomento…e’ possibile, ma per
onesta’ non sono in grado di prendere oggi impegni sul futuro.
Cordialmente
Milena Gabanelli

Nota di Riccardo Bonacina
Peccato che Milena Gabanelli, cui personalmente ci eravamo rivolti partendo da una posizione di stima, risponda nascondendosi dietro la programmazione di Raitre. Ma come? Non era suo vanto, e motivo della nostra ammirazione, il fatto che la Gabanelli camminava da esterna le strutture Rai, produceva insieme al suo gruppo in completa autonomia? Perché oggi Milena Gabanelli ci risponde come un direttore di rete?
Criticare, cara Milena, è più che lecito, ed è per noi un esercizio quotidiano. Il problema è che la critica non sia una posizione pre-giudiziale, cioé chiusa ad ogni tipo di sorpresa. Riguardo all’accusa di aver fornito anche informazioni false non basta rigettarle, bisogna comprovare le proprie ragioni.
Infine, riguardo all’impossibilità di prendere impegni…non sempre questo corrisponde ad una posizione “onesta”.

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