Politica

Renzi in Africa per aprire una nuova fase della nostra politica estera

La deputata Lia Quartapelle (Pd) commenta il tour africano che portato il Presidente del Consiglio in Angola, Mozambico e Congo Brazzaville. «L'obbiettivo principale era riportare l'Italia ad essere un interlocutore privilegiato di questi Paesi. Non si tratta di portare aiuti ma di stabilire relazioni diplomatiche, commerciali e di investimento»

di Lorenzo Alvaro

Si conclude oggi il viaggio africano della delegazione guidata dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi, in Angola, Mozambico e Congo Brazzaville. Della missione hanno fatto parte numerose aziende italiane. Il tour è organizzato da Palazzo Chigi e dal ministero dello Sviluppo economico, in collaborazione con la Farnesina e con il supporto della rete diplomatica nei tre paesi. Inoltre, fa parte degli sforzi di Sistema previsti dalla cabina di regia per l’internazionalizzazione delle nostre imprese, coordinata dal ministero degli Esteri. Un viaggio che apre una fase nuova nelle relazioni internazionali del nostro Paese. Sui media italiani però i giorni africani di Renzi sono passati quasi sotto silenzio. Abbiamo parlato con la deputata del Pd Lia Quartapelle per capire l'importanza e il senso della campagna africana del Governo
 

La deputata del Pd, Lia Quartapelle

Oggi Renzi chiude in Angola il suo viaggio in Africa. Era dal 2006 che un premier italiano non visitava questo continente. Siamo a una svolta della nostra politica estera?
Sicuramente, nel senso che è anche la prima volta che un presidente del Consiglio fa un viaggio in più paesi africani. La dimostrazione che Renzi, oltre ad aver rilanciato la nostra presenza in aree più tradizionali come la Cina e l'Asia, ha deciso di dedicare alcuni giorni all'Africa, in un momento in cui, anche per l'inizio del semestre di presidenza europea, la sua agenda sarà sicuramente piena. È evidente come il continente africano sia una delle priorità della nostra politica estera.

Quali erano gli obiettivi di questo viaggio?
L'obbiettivo principale era riportare l'Italia ad essere un interlocutore di Paesi con cui noi possiamo avere relazioni privilegiate. A differenza dei viaggi che fecero Clinton e Blair durante le loro presidenze questo viaggio non è esclusivamente legato alla lotta alla povertà. È profondamente basato sull'idea che si possano avere relazioni paritetiche con alcuni Paesi africani. Non siamo lì semplicemente per degli aiuti ma per stabilire relazioni diplomatiche, commerciali e di investimento

Chi sono i protagonisti che hanno accompagnato il Premier?
Ci sono state alcune personalità di aziende, in particolare partecipate dallo Stato, che hanno una struttura e una dimensione tale da poter essere i capifila di una serie di investimenti in africa. Eni, Rfi e Finmeccanica innanzitutto. Poi associazioni di categoria come Confindustria. E anche tutta la galassia di istituzioni pubbliche che possono aiutare le Pmi a fare un primo passaggio in Africa. Questo perché il modello non è solo impostato sui grandi investimenti.    

Da questa missione, non emerge nulla, o quasi sui media italiani. Come spiegare la disproporzione che sussiste tra le dichiarazioni di Renzi in Mozambico, che parla dell’Africa come terra di grandissima opportunità per il Sistema Italia, e questa continua indifferenza dei nostri media?
È abbastanza scandaloso. Su Twitter ho sollevato la questione e mi è stato risposto che il motivo è imputabile al Governo. I giornalisti sostengono che, visto che i parlamentari non fanno le riforme, loro sono costretti a dover scrivere di quello che succede o non succede in Italia. Secondo me non si è capito lo spirito e l'importanza di questo viaggio. E neanche quanto sia strategico per noi avere rapporti con questi Paesi. C'è a mio giudizio una difficoltà dei giornalisti italiani di capire che l'Africa è un continente strategico.

Nell'immagine di copertina Matteo Renzi con il presidente del Mozambico, Armando Guebuza


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