Welfare

Reis, Poletti apre ma non ci sono tempi certi

L’Alleanza contro la povertà che ha incontrato il ministro del Lavoro per parlare di Reddito di inclusione sociale ha trovato molta disponibilità ma non è riuscita a strappare una data precisa per la realizzazione dello strumento.

di Vittorio Sammarco

Alla fine non ci riesce, Gianni Bottalico, presidente delle Acli, una delle 33 organizzazioni dell’Alleanza contro la povertà, ad inchiodare il ministro Poletti ad una data precisa che dia il via al percorso che porti alla realizzazione del Reis (Reddito di inclusione sociale). Ci prova, Bottalico, dopo l’intervento del ministro all’incontro che si è tenuto ieri e in cui le associazioni che hanno promosso il Reis hanno avanzato in maniera secca e precisa la proposta al governo; prova (tra il serio e il faceto) a chiedere quando ci sarà il primo incontro operativo perché, come ha detto nell’introduzione Francesco Marsico della Caritas, «non è il momento delle parole, ma delle scelte precise e condivise; ossia a partire dal 2016 di un Piano nazionale contro la povertà, della durata di 4 anni, con l’introduzione, universale, del Reis. Per andare a regime nel 2019 con un investimento graduale di risorse».

E il ministro, rispondendo con un sorriso in una sorta di «vedremo…», in verità non si era tirato indietro nel suo intervento.

Individuando, inizialmente, alcuni passi fondamentali di partenza. Il primo di carattere culturale, di confronto con l’opinione pubblica. «Non credo proprio – ha esordito – che abbiamo già vinto la battaglia di assumere il contrasto alla povertà come centrale per il Paese, per rifare e rilanciare il Welfare. C’è una parte del Paese che pensa che la povertà sia una colpa. E quindi se c'è una parte del Paese che la pensa così è necessario costruire le condizioni culturali per affrontare questo problema». Perché questo modello di pensiero, ha insistito, fa sì che ognuno «cerchi la sua angolatura per dire che non è possibile proporre questa soluzione (per i soldi, per i comportamenti elusivi, per gli effetti sulla disponibilità al lavoro, eccetera.). Le obiezioni sono tante – dice Poletti – ed è anche difficile sconfiggerle perché tendono ad allearsi». Conclusione: «non è possibile costruire una soluzione, senza un'assunzione collettiva di responsabilità. Anche i governi da soli non ce la possono fare».

Poi, prima di entrare nel merito, altre due considerazioni di fondo: «Oggi non possiamo accontentarci di una serie di interventi, abbiamo bisogno di qualcosa di strutturale, dobbiamo fare una cosa che duri nel tempo. Il punto vero è come far interagire le strumentazioni che abbiamo». «Ci sono cose – precisa – che vanno, sì, fatte e che però hanno bisogno di volontà e di un po' di tempo per poterle realizzare. Questo è uno dei vincoli che impedisce di affrontare spesso i problemi nel nostro Paese». Seconda considerazione: «In Italia c’è l'idea che se una cosa non dà subito il risultato, domattina, non si può fare. Oggi è il giorno giusto per definire gli obiettivi, ma bisogna cominciare faticosamente a costruire l’infrastruttura necessaria per far sì che poi arrivino i risultati che ci aspettiamo. Molte volte le cose non funzionano non perché non c'è la legge, ma perché non abbiamo costruito le infrastrutture giuste. Bisogna decidere di fare entrambe le cose».

Perché, è il punto che l’Alleanza, più volte elogiata dal ministro, testimonia nei fatti, una politica di contrasto alla povertà ha bisogno di costruire la condivisione di intenti e percorsi per poter ottenere successi: «Voi, intanto, avete prodotto delle condizioni che pongono già una larga base per porre noi del governo nella migliore situazione per decidere. Se non usassimo le vostre proposte vorrebbe dire che non abbiamo capito niente!».

Ed ecco nel merito: «Dico che la vostra proposta, è, nei fondamentali, assolutamente adeguata a fronteggiare i temi posti. Il Reis e una proposta che si può fare. A partire dall'inclusione che è il punto fondamentale». Che la fa differenziare da altre proposte, apparentemente, simili come il reddito di cittadinanza. Su questo il ministro ha insistito: «dobbiamo rovesciare il tema dei trasferimenti monetari. Io, noi, il governo, la collettività, tutti insieme, dobbiamo attivarci per dare una risposta che consenta di uscire dalla condizione di povertà, non di rimanerci. Molti strumenti sono indirizzati a far sopportare la condizione, noi dobbiamo invece far uscire da quella condizione. Da questo punto di vista la vostra proposta ha elementi di grande valore».

Tra i quali il realismo. E in particolare quello dei conti e della gradualità. «C'è un problema di lealtà e di serietà nel dire le cose. Il nostro governo non ha intenzione di fare proclami soprattutto in questa situazione in cui serve tempo, larga condivisione, e soldi».

E su questo ha cercato di essere molto chiaro: «vediamo di darci degli obiettivi compatibili, verificabili strada facendo e misurabili. E allora cercheremo di fare in modo che tutti gli strumenti che già oggi ci sono vengano orientati nella logica dell'inclusione sociale. Le risorse derivanti dai Pon europei, dal Sia (Sostegno per l'Inclusione Attiva); la social card e altre vadano tutti a costituire un Piano nazionale e complessivo dell'inclusione». Noi, però, ha aggiunto, «dobbiamo usare gli elementi che abbiamo usato in altre sperimentazioni per capire cosa fare e come correggersi. Esempio: nella riscrittura dell’Isee avevamo messo un elemento categoriale, che poi è risultato discriminante e alla fine lo abbiamo eliminato: chi si candida ad avere dei benefici doveva avere nel nucleo familiare una persona che avesse lavorato nell'ultimo periodo. Tentativo di identificare un contesto dal quale poter ripartire per uscire da quella condizione. Ma abbiamo capito che questo strumento non ci aiutava. Oggi, grazie a questo lavoro di verifica continua abbiamo un’lSEE, che se non è perfetto è migliore di quello che avevamo alcuni mesi fa».

«Per costruire un piano di contrasto alla povertà, allora, che abbia Strumenti, Obiettivi e un quadro risorse necessario, occorre riorientare tutte le risorse che già possiamo mettere in campo, gestite insieme e con una rete». Ed si dice d’accordo, Poletti, ad usare il criterio della povertà “assoluta” come parametro di riferimento «cui non possiamo derogare per non perdere tempo attardandoci in vaghe discussioni sui metri e i parametri da usare. Usiamo questo vincolo».

Infine, per il ministro c'è da considerare anche il tema di alcune specificità, come quello dell'infanzia in particolari condizioni di povertà: «Le emergenze, anche al loro interno, afferma il ministro Poletti ci pongono delle priorità, elementi di grande fragilità che richiedono risposte specifiche».

Sì, ma se non ora quando, ministro, le chiedono le associazioni dell’Alleanza?

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